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Letizia Moratti: «Dal federalismo la spinta a Milano»

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 06:39.

Due sono le città del sindaco. Quella del cittadino che vuole la viabilità più fluida, l'aria più pulita, i trasporti pubblici più efficienti e meno cari, che si arrabbia e non comprende perché il Seveso - quando esonda - allaga la metropolitana. È quella di chi vuole tutte queste cose assieme e le vuole subito, nel presente. C'è poi la città del futuro, che deve sempre cercare nuove vocazioni per garantire crescita economica e occupazione ai suoi abitanti. Il mestiere del sindaco è la sintesi di queste due città, non doppia entità ma facce della stessa medaglia. Nel caso di Milano e Letizia Moratti, vuol dire pensare all'Expo e alle sue ricadute ambientali, urbanistiche ed economiche, e offrire soluzioni più o meno immediate al congestionamento del traffico, alla crisi degli alloggi o alla crisi economica. Il sindaco ne ha discusso con i giornalisti del Sole 24 Ore in questo forum organizzato nella sede del giornale.

Dopo questa esperienza da primo cittadino, vorremmo capire quali sono gli aspetti della sua gestione che hanno funzionato meglio e su quali invece vorrebbe concentrarsi maggiormente in un nuovo mandato.
Non si può prescindere, nella valutazione, da un contesto complessivo che ha visto una forte riduzione dei trasferimenti statali dall'inizio del mio mandato. Ciò ha richiesto una maggior efficienza della macchina comunale. In questa situazione abbiamo cercato di rafforzare i servizi ai cittadini e il sostegno alle imprese. Sono aumentati i posti negli asili nido, raddoppiati gli anziani presi in carico a domicilio, c'è stato un contributo importante per l'educazione dei figli con i buoni libro.
Allo stesso modo sono state rafforzate le infrastrutture, a cominciare dalle due nuove linee della metropolitana, la 4 e la 5, e l'allungamento delle altre tre. Sono 3 miliardi d'investimento. A Milano non si realizzavano da vent'anni nuove linee metropolitane e probabilmente non le avremmo avute senza Expo. La 4 e la 5, che saranno completate per l'esposizione universale, toglieranno un 14% di traffico dall'area Nord di Milano trasportando 150 milioni di passeggeri. Il potenziamento dei servizi sociali, assieme a quello delle infrastrutture e alla diversificazione dell'offerta culturale sono gli elementi che hanno funzionato meglio. Sul prossimo mandato, non mi sbilancio. Il programma è in fase di elaborazione e nascerà dal basso, dalla verifica - in corso - con i consigli di zona, i consiglieri comunali, gli assessori. Penso comunque che il tema del traffico e della mobilità, dell'inquinamento e dell'offerta di case, saranno importanti.

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A proposito di infrastrutture. Lei ha parlato di completamento delle nuove linee metropolitane prima dell'Expo, ma a noi risulta che per la 4 fossero garantite per il 2015 solo le prime due-tre fermate.
La Metro 4 è in fase di aggiudicazione e in questo momento non mi posso pronunciare perché sono in corso discussioni tecniche con le due imprese che si sono presentate alla gara. Posso solo dire che privilegeremo l'impresa che ci garantirà il completamento entro il 2015. Quindi la mia risposta è: sarà completata in tempo per l'Expo.

Sull'Expo, si è sempre avuta l'impressione che Milano fosse in affanno nella preparazione del dossier, ma tutto si è risolto a fine novembre e la macchina è finalmente partita. Resta però da definire l'accordo di programma sui terreni. Che tempi prevedete? Il commissariamento della giunta di Rho rallenterà questo percorso?
L'attività dell'Expo in questo momento si sta concentrando sull'aspetto istituzionale. Dopo le lettere inviate dal presidente del Consiglio a tutti i paesi aderenti all'Onu più il Vaticano e l'Autorità palestinese, stanno già iniziando i contatti per poi finalizzare le richieste di partecipazione in partecipazioni vere e proprie. Tutto ciò è importante poiché la partecipazione dei paesi è una delle fonti di ricavo per l'Expo. L'avvio della nostra attività è stato dettato dai tempi e dalle procedure del Bie, il Bureau international des expositions: l'invio del dossier di registrazione, come previsto, una settimana prima dell'apertura di Expo Shanghai, il 22 aprile; sei mesi di tempo perché il dossier venisse esaminato dai membri Bie per eventuali domande, modifiche, integrazioni. Poi il passaggio al comitato esecutivo Bie, che ha deciso di proporre all'assemblea plenaria del 23 novembre l'approvazione del nostro dossier. Non è vero che siamo in ritardo. Abbiamo iniziato a lavorare appena è stato possibile farlo. Prima non avremmo potuto indire nemmeno i bandi gara. Quanto all'accordo di programma, ha una sua dinamica, ma non vedo problemi tecnici rispetto all'approvazione.

Nonostante la ricchezza e il dinamismo, anche Milano e la sua area metropolitana hanno subito i contraccolpi della crisi. Come ha reagito il comune? Il fondo anti-crisi, ad esempio, è stato utilizzato solo in minima parte: 1,3 milioni di euro sui 10 stanziati
Non parlerei solo di questo fondo, che in effetti finora è stato utilizzato abbastanza. Abbiamo investito nella Fondazione Welfare, esempio unico in Italia.

Sì, però sembra che faccia fatica a decollare
Bisogna vedere anche il lato positivo delle cose. Come tutte le istituzioni innovative ha bisogno di un po' di rodaggio. Senz'altro è uno strumento importante perché va incontro proprio a quei lavoratori che non hanno cassa integrazione, che hanno perso il lavoro e che necessitano di una riqualificazione. Oltre a questo abbiamo stipulato un accordo con una banca importante (la Popolare di Milano, ndr) per istituire un fondo da 100 milioni di euro in aiuto all'imprenditorialità giovanile, a quella femminile, alle aziende che assumono e a quelle in difficoltà di pagamento con l'erario o l'amministrazione pubblica. Ricordo tra l'altro che Milano ha investito in incubatori d'impresa. Sei milioni di euro per cinque incubatori: alimentazione e gusto, biotecnologie, energia, ICT, Moda. Sono state create 73 imprese, per 25 milioni di fatturato e 310 addetti. Un prossimo incubatore sarà quello del design.

La crisi economica e le ristrettezze di bilancio costringono molti comuni ad accelerare le dismissioni. Milano non fa eccezione e quest'anno toccherà alla Sea...
La quotazione della società degli aeroporti milanesi è stata messa a bilancio, ma l'operazione risponde anche a una logica industriale perché noi manterremo comunque la maggioranza. Stiamo valutando quale sarà il periodo migliore per collocarla sul mercato e al momento ci sono due possibili finestre. Al momento vi sarebbe solo un'altra società aeroportuale candidata alla quotazione. Le altre dismissioni sono in partecipazioni non strategiche, nelle quali non abbiamo voce in capitolo e non contribuiamo a determinare le strategie.

Sul fronte immobiliare, settore chiave per Milano anche perché coinvolge alcune società quotate, ci sono diversi progetti importanti in ballo, ma alcuni di questi sono fermi, dall'area ex Falck a Milano Santa Giulia, ancora sotto sequestro.
È vero che ci sono progetti che hanno conosciuto per varie ragioni un rallentamento, ma è altrettanto vero che ci sono altri cantieri che vanno avanti. Garibaldi-Repubblica solo nel 2011 coinvolgerà 2mila lavoratori diretti più altri 10mila nell'indotto. Ricordo poi che il gruppo Heinz ha deciso, fuori dall'America, di investire in Europa privilegiando Milano mentre ci sono molti altri fondi immobiliari internazionali che guardano alla nostra città con interesse.

La trattativa sul federalismo municipale è entrata nel vivo. Che attese ha il comune di Milano?
Per noi i due decreti delegati più importanti sono quelli sull'IMU, l'imposta municipale unica, e quello sui costi standard. Dall'IMU, se rimane così come l'abbiamo visto, al comune di Milano dovrebbero andare, dal 2012, 169 milioni di euro. Per noi è molto importante anche il decreto delegato sui costi standard e al tavolo Ifel stiamo lavorando sui costi della polizia locale, dell'anagrafe, degli asili nido e dei trasporti pubblici locali. Da questo tavolo ci aspettiamo di poter determinare i costi sulla base dei quali verrà poi fatta la perequazione. Speriamo si crei un circolo virtuoso e che vengano premiati i comuni con costi standard migliori rispetto ad altri.

Lei ha citato la politica culturale come uno degli elementi caratterizzanti del suo mandato. Con la cultura però non si mangia. È una brutta espressione, ma sintetizza la portata degli investimenti necessari. Ci sono riscontri oggettivi, per cui si possa dire che a Milano, effettivamente, di cultura si può vivere, nel senso che c'è un ritorno economico?
Sì abbiamo dei riscontri interessanti. Cominciamo col dire che Milano ha un'attenzione alla cultura maggiore di quella di altre città. I milanesi, per teatri, concerti e cinema, spendono 4 volte di più rispetto alla media italiana, circa 30 milioni di euro all'anno. C'è tra l'altro una ricerca interessante che mostra come tra i settori in risalita, con una crescita del 3,7% rispetto all'anno scorso, vi sia quello delle imprese legate alla musica.

Un dato confortante, ma come pensate di continuare e rafforzare la promozione culturale internazionale della città?
La promozione della cultura è una strategia molto precisa che abbiamo messo in cantiere da ormai molti anni. Parlando delle sedi comunali sono state individuate due linee di programma: Milano si racconta e Milano Mondo. Ogni mostra ha una sua caratteristica precisa, che la rende sempre diversa e unica nel suo genere. La mostra su Monet, ad esempio, è stata strutturata in modo molto particolare, sottolineando soprattutto le influenze giapponesi sul pittore. Per la prima volta inoltre, i direttori del Guimet e del Marmottan hanno lavorato assieme: non a Parigi ma a Milano. Ogni mostra ha una caratteristica tale per cui o la si viene a vedere a Milano o non la si vede e già questo è un modo per promuovere la cultura su scala internazionale. Il museo del design è un altro esempio di unicità. Il fatto di aver scelto la Triennale come sede e un allestimento a rotazione si è rivelato vincente. Il Financial Times, giornale certo non tenero con il nostro paese, l'ha definito il museo di design più innovativo al mondo.

Quali sono i risultati concreti di questa politica culturale?
Siamo passati dai 300mila visitatori nel 2006 a circa 1 milione e mezzo nel 2010. E non ci siamo arrivati perché un giorno i milanesi si sono svegliati all'improvviso. È stato grazie all'organizzazione di operazioni uniche. Nello stesso periodo abbiamo voluto caratterizzare meglio i vari luoghi della cultura: a Palazzo Reale le grandi mostre, al Palazzo della Ragione le mostre fotografiche, al Pac il contemporaneo, alla Besana le grandi installazioni. Abbiamo fatto una scelta che aiuta il cittadino e il visitatore a orientarsi, con punti di riferimento precisi. Ci sono poi quattro nuove aperture già quest'anno: il Museo del Gioiello, la Casa del Fumetto, la Casa di Alda Merini e il raddoppio dell'archeologico. Nel 2012 sarà la volta del museo delle Culture Extraeuropee e nel 2013 quello dell'Arte Contemporanea progettato da Libeskind.

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