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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2011 alle ore 12:17.

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Banconota da 1 lira della Banca Nazionale nel Regno d'Italia (1869, Museo della Moneta)Banconota da 1 lira della Banca Nazionale nel Regno d'Italia (1869, Museo della Moneta)

«La moneta fa girare il mondo» cantava nel 1972 il magico musical Cabaret. Per Paolo di Tarso essa è, invece, «la radice di tutti i mali» (1 Tim 6,10). A Paolo fecero eco i teologi medievali proclamandola «sterco del diavolo». Carlyle vedeva nei pagamenti in moneta «il solo nesso tra uomo e uomo», idea ripresa radicalmente nel Manifesto da Marx ed Engels: «La borghesia (...) non ha lasciato tra uomo e uomo altro nesso se non quello privo di cuore della transazione monetaria». Nel Faust di Goethe, la moneta cartacea è invenzione mefistofelica quando pretende di rimpiazzare quella coniata nell'oro e nell'argento.

Le contrastanti citazioni potrebbero moltiplicarsi: comunque la si veda, oggetto di desiderio o di disprezzo, la moneta non lascia mai indifferenti. Ma siamo sicuri di conoscerla, di comprenderla? Diceva un famoso studioso di numismatica: «Tutti, tranne gli economisti, sanno che cosa è la moneta». È così?

La mostra «La Moneta dell'Italia Unita» che la Banca d'Italia apre domani al Palazzo delle esposizioni di Roma ha l'ambizione di spiegare che cosa sia la moneta raccontando la storia dell'unificazione monetaria italiana. La storia, se bene interpretata e raccontata, aiuta a capire tante cose. La moneta è certamente una di esse. Agli studenti del primo anno di economia insegniamo che la moneta è unità di conto, mezzo di scambio e riserva di valore. È un modo piuttosto asettico di descriverne le proprietà, che si ritrovano peraltro in un gran numero di oggetti; non aiuta a coglierne appieno la natura, il significato.

Più interessante è la definizione di moneta come «tecnologia di pagamento», tradotta storicamente in istituzioni via via diverse: dai conii di elettro (una lega naturale di oro e argento) della Lidia dell'VIII secolo a.C. al prevalere delle forme virtuali, elettroniche, tipiche della tecnologia attuale.

Pensare alla moneta come tecnologia di pagamento consente di guardarla anche con l'occhio di discipline diverse dall'economia. Un approccio politico ama sottolineare come essa sia per eccellenza un simbolo di sovranità, icasticamente rappresentata dalla figura del sovrano impressa sulla moneta o stampata sulla banconota, e al tempo stesso potente strumento di potere ("c'est l'argent qui fait la guerre", non si stancava di ripetere Luigi XIV). Sociologi e antropologi hanno, invece, insistito sul ruolo svolto dalla moneta nel facilitare le relazioni sociali. Anche nelle società basate sul dono più che sullo scambio mercuriale, è indispensabile – dicono – disporre di un'unità di conto per misurare esattamente il valore di quello che si dà e si riceve, nel rispetto di regole e usanze rigorosamente codificate: lo scambio di regali tra Salomone e la Regina di Saba, due sovrani di pari importanza, non poteva svolgersi in modo squilibrato a favore dell'uno o dell'altra.

L'antropologia culturale sottolinea, a propria volta, come le varie forme di moneta riflettano o trasmettano, nelle diverse epoche storiche, i valori culturali tipici di ciascuna società. E che dire della geografia, dell'ingegneria? Il segno monetario, il mezzo di pagamento, riflette la relativa abbondanza di risorse naturali: l'elettro si trovava solo in Lidia, altrove si dovette scegliere, per i pagamenti di maggior valore, tra l'oro e l'argento. La Cina non ebbe mai dubbi nel restare attaccata all'argento. Negli Stati Uniti, la scelta tra l'uno o l'altro metallo fu densa di significato politico. Gli agricoltori del Mid-West lottarono per l'aquila d'argento, la moneta da un dollaro con la famosa inscrizione: "In god we trust".

L'argento rifletteva più da vicino il potere d'acquisto dell'uomo della strada, poteva essere coniato in abbondanza traendolo da miniere locali. L'oro, che alla fine ebbe la meglio, era il segno monetario dei grandi banchieri, dei grandi capitalisti del nord-est, invisi al movimento populista che aveva fatto dell'argento il proprio simbolo. Quanto agli ingegneri, la comparsa della macchina a vapore rivoluzionò sia la produzione di monete metalliche sia la stampa delle banconote. La posa del cavo transatlantico consentì, nel 1866, ai pagamenti in dollari o sterline di volare quasi in tempo reale tra Londra e New York. Il microchip, oggi incorporato nella maggior parte della moneta di plastica che usiamo, realizza – tra l'altro – una vittoria nella guerra, combattuta sin da quando esiste la moneta, con falsari numerosissimi e a propria volta sempre tecnicamente aggiornati.

La moneta è compagna della nostra vita quotidiana. Con essa esprimiamo molte delle nostre scelte importanti. La stabilità del suo valore nel tempo ci interessa costantemente, a volte ci preoccupa. Il desiderio di detenerla in maggiori o minori quantità dipende dalla fiducia che essa stessa è in grado di ispirare, una fiducia che – nel corso della storia – il sovrano non sempre ha saputo o voluto garantire. Possiamo dire di conoscerla? Forse tutti noi, anche gli economisti, abbiamo una conoscenza solo parziale della moneta: il suo carattere multiforme rivela, se considerato con qualche attenzione, aspetti sempre nuovi, anche perché in continua evoluzione. Insomma, la moneta con la quale abbiamo tanta familiarità mantiene una natura spesso sfuggente.

La mostra voluta dalla Banca d'Italia – oltre ad approfondire un momento importante ma non tra i più noti dell'unificazione italiana – potrà svelarci, anche grazie alla profusione di tecniche digitali interattive, aspetti inaspettati di questo "oggetto" tanto presente nelle nostre vite.

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