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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2012 alle ore 08:44.

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La Lega nasce con la Seconda repubblica, ma della Prima ha mantenuto la consapevolezza che la gestione del potere passa attraverso le società pubbliche. E forte di questa consapevolezza ha cercato di mettere gli uomini giusti al posto giusto. In questo il Carroccio non ha fatto sconti, né cercato vie diplomatiche: ad ogni punto percentuale in più alle elezioni ha preteso persone di fiducia dentro cda e organigrammi, come il manuale Cencelli insegnava (e tuttora insegna).

Non solo: a differenza di altri partiti, che talvolta "mascherano" dietro curricula e meriti le scelte di manager presidenti e consiglieri, la Lega, soprattutto a livello locale, non nasconde l'importanza di avere uomini di fiducia nei posti chiave.

Lo schema è stato sostanzialmente questo. Prima il Carroccio è partito dalle sue roccaforti, la Lombardia e il Veneto. Poi, negli ultimi dieci anni, una volta diventato una realtà politica nazionale, ha espanso il suo controllo anche ai grandi enti italiani (dalla Rai a Finmeccanica all'Inail, per esempio). Quindi è passato ancora, dal 2010 ad oggi – da quando cioè le elezioni regionali hanno confermato il gradimento sul territorio di provenienza – a rafforzarsi sempre di più nelle grandi partecipate locali, soprattutto in quelle la cui valenza è sovraregionale (da A2a a Expo a Fondazione Cariplo, per citarne qualcuna).

Mediamente le decisioni degli uomini di fiducia della Lega hanno un filo conduttore: gli enti locali devono mantenere un controllo sulle loro partecipate, la presenza privata va controllata e ridotta al minimo all'interno dei servizi pubblici, i Comuni (o le Province e le Regioni) rispondono meglio di qualsiasi altro soggetto alle esigenze dei cittadini.

A livello locale, quelli più noti (e considerati punti di riferimento, come dicono alcuni esponenti nella sede storica del Carroccio di via Bellerio, a Milano) sono gli uomini entrati nelle grandi società di gestione di eventi e servizi, ma anche e soprattutto nelle infrastrutture tradizionali (strade, aeroporti), come insegnavano le vecchie scuole di partito. Si tratta di Leonardo Carioni, consigliere di Expo 2015, presidente di Sviluppo sistema Fiere e consigliere di Pedemontana, e al tempo stesso presidente della Provincia di Como; Attilio Fontana, membro del cda di Fiera Milano e al tempo stesso sindaco di Varese; Giuseppe Bonomi, presidente di Sea, società di gestione degli aeroporti di Linate e Malpensa; Attilio Schneck, presidente di Serenissima autostrade; Paolo Besozzi, presidente di Milano Serravalle; Franco Baiguera, membro del consiglio di gestione di A2a in quota Brescia; Bruno Caparini e Gianni Castelli, membri del consiglio di sorveglianza di A2a, il primo in quota Brescia, il secondo in quota Milano.

In queste grandi partecipate il ruolo di manager si somma talvolta a quello di amministratore locale, anche perché nella Lega è proprio l'ente locale la base della formazione politica e gestionale.

Da segnalare in questo contesto il ruolo in ascesa di Attilio Fontana, che è anche presidente dell'Associazione dei comuni (Anci) della Lombardia. Per lui, maroniano, il partito comincia a intravedere la possibilità di una candidatura alle prossime elezioni regionali lombarde.

In queste settimane sarà inoltre cruciale il ruolo di altri due personaggi, Bonomi e Baiguera. Per Bonomi, presidente di Sea, si presenta la sfida della possibile quotazione della società aeroportuale controllata dal Comune di Milano, e per lui l'obiettivo è anche quello di non perdere di vista il mantenimento della maggioranza delle azioni in mano pubblica, nonostante il processo di apertura al mercato. Per Baiguera, consigliere di A2a, c'è invece alle porte il compito di supervisionare la possibile fusione con altre due multiutility, Hera e Iren, riportando il centro del business ambientale nelle mani del solo Comune di Brescia.

A livello nazionale il Carroccio si è espanso quindi nelle authority, nella comunicazione, ma soprattutto nella grande industria nazionale controllata dallo Stato, dall'Enel all'Eni, da Fincantieri e Finmeccanica. Senza dimenticare le banche, prima fra tutte Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana, che ha una doppia testa al Nord (Torino e Milano) ma che mantiene anche i marchi dei più piccoli istituti di credito dei territori, acquisiti nel tempo.

I punti di riferimento sono Dario Fruscio, presidente di Agea, l'agenzia che vigila sui fondi comunitari per l'agricoltura, designato su indicazione del presidente del Veneto Luca Zaia; Dario Galli, membro del cda di Finmeccanica; Paolo Marchioni, consigliere di Eni; Gianfranco Tosi, consigliere di Enel; Mauro Michielon, consigliere di Poste italiane; Francesco Belsito (lo stesso tesoriere oggi indagato dalle procure di Napoli, Reggio Calabria e Milano per frode), consigliere di Fincantieri; Giovanna Bianchi Clerici, consigliere della Rai, e Antonio Marano, vicedirettore sempre della Rai. Infine le banche: Luca Galli, consigliere di Fondazione Cariplo e Marcello Sala, presidente esecutivo del consiglio di gestione di Intesa sanpaolo; Marco Fabio Sartori, presidente dell'Inail, deceduto due mesi fa.

L'equilibrio attuale sembra però già destinato a saltare: lo scandalo dell'inchiesta sull'utilizzo dei fondi del partito potrebbe avere un impatto negativo alle prossime elezioni (amministrative prima e politiche poi), e un calo di consensi potrebbe anche voler dire minori poltrone.

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