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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 12 aprile 2012 alle ore 08:12.

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Tempi duri per le forze «anti-sistema» o che magari pretendono di esserlo: soprattutto alla vigilia delle elezioni. Prima il caos nella Lega, ora l'inchiesta che investe Nichi Vendola.

E fa riflettere la notizia secondo cui il governatore della Puglia, e leader della nuova sinistra, è indagato per una questione legata alla sanità locale. Vecchia storia, a quanto sembra, maturata però proprio negli ultimi giorni.

Qualcuno dotato di spirito malizioso noterà che nelle sabbie mobili si stanno dibattendo due partiti di opposizione, entrambi propensi a descrivere se stessi – con parecchia retorica – come avversari del sistema: il Carroccio, da un lato, e il Sel, dall'altro. Ma si tratta, appunto, solo di malizia. Come è evidente, non ci sono molti punti di contatto fra il disastro leghista e i guai vendoliani. E poi le teorie complottarde non convincono quasi mai, senza dubbio non in questa occasione.

Quel che è certo, è che manca poco tempo alle elezioni amministrative e le inchieste giudiziarie possono fare male sia ai leghisti sia a Vendola. Si tratta, peraltro, di una probabile coincidenza temporale, per cui ha fatto bene il presidente della Puglia a dichiararsi «sereno», evitando offensive verbali contro i magistrati. Allo stesso modo, Maroni ha cominciato con il piede giusto decidendo di andare in procura, insieme al nuovo tesoriere, per fornire non pochi chiarimenti sul buco nero in cui è precipitata la Lega. S'intende che l'argomento con cui viene difeso il capo storico è deprimente («Bossi è stato raggirato»), ma è l'unico a disposizione.

Maroni deve ancora dimostrare di avere capacità di leadership, ma intanto è abbastanza attento da evitare la contraddizione di cui non si sono accorti i militanti riuniti a Bergamo martedì sera: non si può allo stesso tempo invocare pulizia, agitando le scope, e denunciare presunti «complotti» anti-leghisti. Le due cose non possono stare insieme, eppure il vecchio leader si è sforzato - senza troppa convinzione - di accreditare la seconda ipotesi, mentre il nuovo reggente si muove con una certa coerenza sulla linea della pulizia interna. L'unica, tra l'altro, che gli può permettere di consolidare il potere appena agguantato.

Ma egli stesso non è esente da contraddizioni. Ascoltare un ex ministro dell'Interno che arringa la folla al grido di «avanti per la Padania indipendente», fa un certo effetto. E' vero che Maroni pronunciava queste parole con un vago sorrisetto, come se nemmeno lui credesse davvero a quello che andava dicendo. Tuttavia è chiaro che la linea politica della Lega maroniana avrà bisogno di molteplici aggiustamenti: la «pulizia» invocata sul piano della legalità dovrà riguardare anche la paccottiglia della secessione, devoluzione, indipendenza e altri falsi miti degli ultimi quindici anni.

A sua volta Vendola dovrà scrollarsi di dosso i sospetti, se vorrà avere un futuro nel mondo della sinistra radicale. Le ambizioni del governatore della Puglia sono molto alte: condizionare da sinistra il Pd e ispirarne le politiche sociali. Ma anche lui è arrivato allo snodo cruciale della sua carriera. In un sistema di partiti sfilacciati e screditati non è strano che anche le forze d'opposizione inciampino. Ma il problema della rigenerazione riguarda tutti. A destra come a sinistra, nella psudo-maggioranza come al di fuori di essa.

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