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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2012 alle ore 09:24.

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Sono le 17.45 quando un Leoluca Orlando raggiante si autoproclama sindaco in pectore di Palermo davanti a una marea di giornalisti che la sala stampa del suo comitato elettorale riesce a contenere a stento. «Ho vinto stasera, formalmente o sostanzialmente. La metà dei palermitani ha seguito il mio nome al di là dei partiti.

Qui si dimostra che è possibile rompere con la vecchia politica». In quel momento gli exit pool gli attribuiscono il 43% dei voti, ma l'uomo ha già la consapevolezza del distacco che lo separa dagli inseguitori: Fabrizio Ferrandelli, per Pd e Sel, Massimo Costa, per Pdl, Udc e Grande Sud, e Alessandro Aricò, per il terzo polo. Alle 23.30 i rappresentanti di lista di Idv comunicano i dati di 180 sezioni su 600. Orlando è al 46%, con un vantaggio di 29 punti su Ferrandelli, di 34 su Costa e di 37 su Aricò. Non c'è storia se i numeri restano questi. L'esito si avrà a notte fonda, perché i dati ufficiali arrivano con inspiegabile lentezza. Quarantacinque minuti dopo la mezzanotte, sul sito del Comune figuravano scrutinate ancora 134 sezioni, con Orlando al 48,09% e Ferrandelli al 17,6 per cento. Anche nell'ipotesi del ballottaggio, solo un miracolo potrebbe colmare la distanza tra i due.

«Ha vinto l'asse con l'ex sindaco di centro-destra Diego Cammarata», gridano i principali sponsor del candidato pidiessino, i democratici Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, i quali rimproverano a Orlando di aver pescato consensi anche a destra. La verità è che questo risultato crea sconquasso nel sistema di potere assistenziale-clientelare: rende ormai improponibile il sostegno accordato dal Pd alla giunta regionale, fa precipitare i consensi del Pdl di Angelino Alfano e mette politicamente alle corde Raffaele Lombardo, che ora rischia il commissariamento da parte dello Stato per non essere riuscito a rappezzare il "buco" del bilancio di previsione della Regione siciliana.

Orlando spara: «Qui si dimostra che è possibile rompere con la vecchia politica. Non c'è alcun collare intorno a me. La mia è una battaglia di libertà contro la malapolitica. Al ballottaggio non farò accordi con nessuno, nessun apparentamento. Debbo mettere in sicurezza Palermo, non solo dalla mafia, ma anche dalle devastanti politiche sociali del governo Monti e dalla devastante situazione etica del governo Lombardo». Definisce Alfano un'anima morta: «Lo dicono i suoi elettori che hanno votato per me. Non ha avuto il coraggio di metterci la faccia». Sfida il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Una politica che sostiene un presidente imputato per mafia è sporca, che sia di destra o di sinistra». Rivendica con orgoglio i voti ricevuti dall'elettorato democratico.
L'incognita non è tanto la sfida al secondo turno, quanto il rischio che, in caso di vittoria, le liste di Orlando non ottengano la maggioranza dei seggi in consiglio comunale. Si porrebbe, in tal caso, un problema di alleanze per governare.

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