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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 13:54.

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Una passeggiata per le vie di Monza, accanto al candidato sindaco del Pdl, è l'unica manifestazione d'interesse che Silvio Berlusconi concede in vista del voto di domenica e lunedì. Il Cavaliere mette le mani avanti: «Queste elezioni non avranno valore politico». Tant'è che al momento dello scrutinio sarà già in Russia, accanto all'amico Putin, per festeggiarne il ritorno alla presidenza della federazione Russa. Toccherà ad Angelino Alfano l'ingrato compito di commentare, spiegare i risultati di un test che invece, inevitabilmente, produrrà eccome conseguenze politiche. E non certo e non solo per il probabile exploit del movimento di Beppe Grillo.

Il risultato delle amministrative inciderà sulle future alleanze, sul rapporto con il Governo e sulla stessa sopravvivenza delle singole forze politiche così come le abbiamo conosciute fino a oggi. E il «test» stavolta non sarà tanto sui numeri complessivi. Attualmente nei 26 capoluoghi di provincia dove si vota ce ne sono 18 guidati dal centrodestra e 8 dal centrosinistra. Probabile che alla fine della competizione (i ballottaggi si terranno dopo due settimane) Bersani, sulla base dei numeri, possa cantar vittoria. Ma non è detto che questa abbia un sapore dolce.

Tanto per fare un esempio: cosa accadrebbe se a Palermo a spuntarla dovesse essere Leoluca Orlando e non il candidato ufficiale Fabrizio Ferrandelli? Alfano non è certo messo meglio. E non solo perché si è dovuto accodare all'Udc nel sostegno al candidato sindaco del capoluogo della sua regione, di cui è stato anche per lungo tempo coordinatore del partito. Il segretario del Pdl quotidianamente deve barcamenarsi tra quanti (soprattutto gli ex An) vorrebbero porre fine quanto prima al sostegno al governo Monti e chi invece ritiene che non ci sia alternativa in questa fase alla grande coalizione.

Emblematiche sono le parole pronunciate ieri da Berlusconi. «I cittadini – ha detto l'ex premier – si domandano se valga ancora la pena di votare in un momento di parentesi della democrazia e con questo governo provvisorio». Un modo certo per depotenziare il voto e il risultato che ne potrebbe scaturire ma anche per prendere le distanze da un governo sempre più impopolare tra gli elettori del Pdl. «Sosterremo il governo fino a quando sarà necessario per concludere le riforme istituzionali», ha aggiunto, ripetendo però che non sarà un appoggio incondizionato ma solo «se i provvedimenti non saranno contrari agli interessi del Paese».

Ma sono frasi già sentite e per di più pronunciate durante un comizio elettorale. Berlusconi non ha alcuna intenzione di «staccare la spina» ai tecnici. Anche questo il Cavaliere va ripetendo a tutti. Anche perché il Pdl rischia di essere la principale "vittima" del vento impetuoso dell'antipolitica. Quel di cui ha più bisogno Berlusconi, in questo momento, è tempo. Tempo per capire che fare del Pdl e cosa e chi traghettare nel probabile nuovo contenitore. Per questo assume un ruolo fondamentale la legge elettorale. Il via libera dei giorni scorsi al tedesco rafforzato non è certo casuale. È l'unico sistema che gli consentirebbe di avere voce in capitolo anche qualora il suo partito risultasse sconfitto alle elezioni. È la condizione per tenersi aperta la possibilità della grande coalizione anche in futuro e impedire la «conventio ad excludendum tra Bersani e Casini». Una scelta che non è condivisa da tutti nel Pdl ma Berlusconi al momento non sembra preoccuparsene.

Allo stesso tempo però mantiene attivo anche il canale con la Lega «con cui non abbiamo mai rotto», ha confermato, raccontando di sentire di frequente «sia Bossi che Maroni». L'ex ministro dell'Interno punta sull'elezione al primo turno del sindaco di Verona Flavio Tosi per prendere il largo. Le amministrative sono solo una tappa in vista del congresso di giugno. L'aria che tira resta pesante dopo che Bossi ha annunciato di volersi ricandidare rimangiandosi così il sostegno a Bobo. Berlusconi evita di intromettersi e attende gli esiti della resa dei conti in salsa padana.
Anche Casini attende. Ma non lo scontro tra i leghisti. Il leader dell'Udc che a Palermo ha preferito il Pdl di Alfano al Fli di Fini, pur rimanendo il più convinto sostenitore del Governo Monti, si prepara ad affrontare la corsa verso le politiche e il Quirinale.

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