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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 14:29.
L'exploit di Beppe Grillo; un'astensione galoppante e una frammentazione del consenso in mille liste civiche; un crollo del Pdl di cui perfino esponenti del partito parlano a quattr'occhi; l'affermazione della "foto di Vasto" con una ripresa dei voti di sinistra. Su queste quattro previsioni suggerite anche da alcuni sondaggi, si sta ragionando a Palazzo Chigi e nelle segreterie dei partiti per anticipare già quelle che potrebbero essere le relative quattro conseguenze per il Governo e il Parlamento. Già perché le prime due opzioni investiranno le Camere, le ultime due direttamente Mario Monti.
Innanzitutto è chiaro che un'affermazione importante delle liste dei grillini come indicano alcuni istituti demoscopici (che lo quotano all'8%), porterà come primo e immediato effetto collaterale quello di dare una bella sveglia ai partiti. Il trio Alfano-Bersani-Casini non sarebbe più nelle condizioni di consentire alcun rinvio né sul finanziamento pubblico ai partiti, né sulla legge elettorale. Dunque, il primo impatto, Grillo dall'esterno lo porterebbe direttamente all'interno delle aule parlamentari dove giace, dopo un altro rinvio, la proposta di legge di revisione dei rimborsi elettorali.
Naturalmente lo stesso effetto avrebbe anche un'astensione consistente, nonostante questo voto amministrativo non offra unità di misura troppo rappresentative. Comunque, l'eventuale combinato disposto di una forte diserzione alle urne o di un'affermazione delle mille liste civiche manderebbe un segnale più che forte ai partiti tradizionali: autoriformarsi. E non solo sui fondi pubblici ma anche sulla legge elettorale. Ecco, su questo secondo aspetto, sarà utile ai partiti oggi presenti in Parlamento proprio l'esito delle urne. Perché è chiaro che una vittoria dei grillini porterà le forze politiche a tentare un accordo ad excludendum contro Grillo e le le sue liste. Il rischio di ritrovarselo in Parlamento nel 2013 è di quelli che la politica tradizionale non vuole proprio correre, né a sinistra – perché ne sarebbe troppo condizionata – né a destra, per esempio nella Lega a cui Grillo potrebbe scippare voti.
Ma se questi due fronti di "autoriforma" dei partiti saranno sul menù parlamentare, un eventuale crollo del Pdl e un'affermazione del voto più a sinistra avrebbero conseguenze direttamente su Palazzo Chigi. Se Mario Monti ha dovuto – in questa campagna elettorale – fare i conti con un'offensiva dei partiti sia sulla riforma del lavoro che sulle tasse, peggio sarà nei prossimi mesi che guardano alla scadenza della legislatura nella primavera 2013. Anche se il crollo del Pdl non dovesse portare a un'implosione del partito e a una nuova scissione – con un pezzo di pidiellini verso Casini e gli ex An per conto loro – comunque il centrodestra vorrà trovare una nuova riscossa mettendo in difficoltà sempre più il Governo. E se finora l'offensiva sull'Imu è stata – più o meno – gestita da Alfano e Monti, il rischio è che tutta la partita tra rigore e pressione fiscale porti a veri e propri inciampi parlamentari per il premier. Il Pdl avrà bisogno di alzare la voce, di ritrovare un profilo e questo accadrà a spese del Governo.
Stesso e speculare discorso varrà per il centrosinistra. Una ripresa di ossigeno dei voti a sinistra sposterà il baricentro delle politiche verso la piattaforma socialista europea e, dunque, a un affondo critico su Monti. E non solo sull'Imu e le tasse. Il fronte sarà piuttosto quello sociale, dalle pensioni e gli esodati alla legge sul lavoro fino ai tagli di spesa e a come – eventualmente – usarli se ci saranno. In sostanza la navigazione del Governo si farà molto più traballante dell'attuale, il rischio dello stallo per i veti incrociati tra Alfano e Bersani – entrambi impegnati a ritrovare una distanza in vista delle elezioni 2013 – si farà concreto. L'unica speranza per Monti sarà l'Europa. Riuscire a trovare spazi di negoziato con Angela Merkel e con Bruxelles sarà forse l'unico suo fattore di stabilità e rilancio.
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