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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2012 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 09 maggio 2012 alle ore 08:29.

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Il giorno dopo il piccolo terremoto elettorale, si misurano le crepe di un sistema politico che scricchiola. Può darsi che le liste di Beppe Grillo non abbiano avuto un successo decisivo, come ha notato Napolitano, ma certo sono uno degli elementi di autentica novità del voto amministrativo. Certo, non sono espressione di un partito costruito contro l'Europa, come il "fronte" di Marine Le Pen in Francia, e non riflettono un rancore sordo contro la democrazia, come gli estremisti che in questi giorni in Grecia impediscono che si formi una coalizione di governo.

Ma il movimento "5 stelle" è diventato un attore non secondario della scena italiana, soprattutto perché i partiti tradizionali fanno poco o niente per dimostrare che un certo grado di rinnovamento è possibile.
Le fumose riforme costituzionali restano tali. E la legge elettorale – il fatidico "Porcellum" – non sarà modificata in modo rilevante, salvo colpi di scena oggi imprevedibili. La gara del 2013 è aperta, ma i corridori non danno molto affidamento. A destra c'è un mondo da ricostruire. A sinistra c'è poco da dormire sugli allori: tanto più che l'esame delle cifre dimostra che la "vittoria" del Pd assomiglia più che altro a una discreta tenuta. Sembra quasi un trionfo per la buona ragione che gli avversari sono collassati. Il che si tradurrà al secondo turno nella facile conquista di nuove amministrazioni a opera del centrosinistra.

Ormai il problema è soprattutto come riempire di contenuto i mesi che mancano allo scioglimento della legislatura. I partiti dovranno fare lo sforzo di migliorare la loro proposta politica; e la sola esistenza dei "grillini" dovrebbe essere uno stimolo a non perdere altro tempo. Il governo, dal canto suo, ha già l'agenda delle cose da fare fin troppo piena. Il presidente del Consiglio ritiene che l'esito delle elezioni non influirà sulla stabilità dell'esecutivo. Forse lo dice anche per rassicurare se stesso, ma ha ragione: non si vede il nesso fra un risultato amministrativo che riguarda nove milioni di italiani e la messa in crisi di un governo che è senza alternative. Ma il rischio è la "guerriglia", le tensioni che saranno alimentate da partiti frustrati, troppo deboli per sfidare Monti a viso aperto, ma non abbastanza forti per sostenerlo con assoluta convinzione.
Ne deriva che il premier oggi è più solo, e tuttavia ancora in grado di vincere la sua scommessa. Lo scenario europeo, nel triangolo fra Roma, Parigi e Berlino, offre opportunità prima inesistenti. Il provincialismo dei circuiti romani può creare a Palazzo Chigi più di una grana, ma Monti ha solo da ritrovare la decisione e la fiducia in se stesso dei primi due mesi. In fondo, proprio il vuoto che si è creato nell'area moderata – ben descritto da Roberto D'Alimonte su questo giornale – può favorirlo. Perché a ben vedere il presidente del Consiglio rappresenta oggi il volto più convincente di questa area in cerca d'autore.

Può darsi che Monti, come ha detto e ripetuto più volte, intenda chiudere la sua esperienza politica e di governo al termine della legislatura. Ma in questo momento il dato è persino irrilevante. Nella sostanza il premier è e sarà nei prossimi mesi il punto di riferimento dell'opinione pubblica che per comodità si definisce "moderata". Casini ha cercato d'interpretarla, ha avuto una giusta intuizione, ma il "terzo polo" finora si è dimostrato inadeguato a raccogliere i delusi del mondo ex berlusconiano. Invece Monti mantiene il suo profilo di uomo estraneo ai giochi e agli intrighi: la sua presenza alla guida del governo continua a essere una garanzia di serietà e quindi aiuta un elettorato frastornato e impaurito a non imbarcarsi in pericolose avventure. E in ogni caso si capisce che il futuro della cosiddetta "area moderata", oggi frantumata, passa per la capacità di presentare volti nuovi e credibili, oltre che un progetto coerente di governo. Il "terzo polo" o il "nuovo Pdl" non potranno nascere dal solito gioco di palazzo. Dopo il 6-7 maggio non è più possibile. Ed è questa la circostanza che davvero può dare una prospettiva a Monti. O almeno a un'idea delle istituzioni che rispecchia l'attuale stagione.

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