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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2012 alle ore 23:06.
Le previsioni elettorali sono soltanto sensazioni, a questo punto. Nessuno sa niente. Le cose certe, a urne aperte, sono queste:
1) Per i sondaggi, unanimi, Obama è in vantaggio costante su Romney da quasi un anno
2) Romney dopo il dibattito di Denver ha recuperato punti su punti, fino ad avvicinarsi al presidente
3) Obama parte da un numero di Stati dal peso specifico più decisivo rispetto a quelli di Romney
4) La strada di Obama verso quota 270 è più facile, gli basta vincere la Florida o l'Ohio o il Colorado o la Virginia o una combinazione di stati medi e piccoli
5) La strada di Romney è più difficile perché oltre agli stati vinti da McCain quattro anni fa (facile) deve strappare a Obama anche North Carolina, Indiana, Florida, Virginia, Colorado e Ohio (difficile). Può vincere in molti di questi must win states, ma vincerli tutti tutti pare improbabile, un miracolo, anche perché i sondaggi in molti dei casi vedono Obama in vantaggio anche a livello locale. Una strada alternativa per arrivare a 270 è sostituire l'Ohio con Pennsylvania (difficilissimo) oppure con una combinazione di Iowa e Wisconsin o Iowa e New Hampshire (forse più facile).
Tutto ciò fa pensare a una vittoria di Obama, ma torniamo alle sensazioni, anche perché a causa dell'uragano Sandy l'impetuoso recupero di Romney iniziato a Denver, il cosiddetto momentum, a un certo punto si è arrestato (non solo per Sandy, ma anche per la polemica inutile, mal curata e poco presidenziale sulla Jeep).
C'è da dire, però, che Obama sembra più nervoso di Romney, e non è un buon segno per il presidente. Non è più l'uomo del domani, del sogno e del cambiamento. La sua campagna è arida, negativa, furiosa. Molto più di quella di Romney. E in America vince sempre il candidato più ottimista.
Al presidente è scappato, addirittura, che il voto sarebbe una «vendetta», anche se i giornali non gli hanno dato peso per le solite ragioni di pregiudizio pro liberal. Una dozzina di giornali che nel 2008 aveva dato la preferenza a Obama ha deciso questa volta di puntare sull'avversario repubblicano. Soltanto uno pro McCain ha deciso invece di sostenere Obama. Contano poco, ma segnalano un cambiamento d'umore.
Più interessante, la previsione di tre big del mondo repubblicano, George Will, Michael Barone e Peggy Noonam, intellettuali conservatori, seri e credibili. Nessuno dei tre è un fan di Romney, anzi ne hanno scritto male più volte. Ora, invece, si sono avventurati a scrivere che Romney vincerà.
La svolta pro Romney è stata il dibattito di Denver, dove Obama è sembrato un leader debole, incapace di argomentare che cosa vuole fare nel secondo mandato. Romney è parso per la prima volta pragmatico, moderato, affidabile, smentendo mesi di campagna negativa molto efficace degli obamiani. Un altro colpo alla leadership del presidente è stato dato anche dalla pessima gestione mediatica dell'attacco di Al Qaeda a Bengasi. Se Obama dovesse perdere, sarà anche per Bengasi oltre che per Denver.
Sono solo sensazioni, comunque. Nessuno sa niente. La cosa più credibile, tenendo conto di tutti i dati certi, è che Obama venga rieletto, con Romney in recupero tra North Carolina, Indiana, Colorado, Florida e Virginia. Ma con l'Ohio a far da muro di difesa del presidente. Ma, appunto, nessuno sa niente.
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