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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 12:41.

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I media e la comunicazione, così come la cultura, non saranno certo ai primi posti dell'agenda di un Governo che nascerà, con ogni probabilità, per fare poche cose e portare il Paese a nuove elezioni. Il settore, però, non può fermarsi, di fronte a uno scenario globale in movimento in particolare sul fronte delle tecnologie di diffusione e ricezione dell'audiovisivo. Nella nuova Italia disegnata dalla elezioni, poi, si possono anche portare a termine delle operazioni senza che il Governo debba esserci o avere l'imprimatur, a partire dalla vendita de La 7.

Ecco, comunque, un pro-memoria parziale per un'agenda sui media in questa nuova (e forse breve) legislatura.

1) La gara delle frequenze.
Si svolgerà e quando? L'Agcom attende l'ok e le eventuali osservazioni della Ue sulla nuova bozza del Regolamento della gara, che proporrà, in sostanza, una piccola "rivoluzione" dell'assetto delle frequenze televisive, con solo tre reti messe a gara, due delle quali in banda VHF (ma saranno ricevibili in tutte le città dalle attuali antenne sui tetti?). I canali che dovevano essere messi a gare per cinque anni, con scarse possibilità di successo, saranno o messi a disposizione per sanare gli attuali problemi di ricezione del digitale terrestre, o, dal 57 al 60 UHF, tenuti a disposizione di una nuova assegnazione con gara (si presume) alla banda larga mobile, la cui domanda continua a crescere grazie soprattutto ai video online.

Sarà però il nuovo ministro dello Sviluppo (se le Comunicazioni rimarranno al suo interno) a dover emanare Bando e Disciplinare di gara, una volta ricevuto il testo dall'Agcom. Una presenza determinante del Pdl nel sostegno al nuovo Governo potrebbe far slittare la gara. L'esito della vicenda è tuttora incerto.

2) La crisi dell'editoria e della pubblicità.
I due giorni di sciopero alla Rcs e i bilanci di tutti i principali editoria confermano la gravità di una crisi strutturale e non solo congiunturale. Aggravata dal fatto, non detto e non segnalato, che alcune concessionarie televisive stanno portando avanti una politica commerciale molto aggressiva, con sconti incredibili. Una politica legittima, ma che rischia di dare un altro colpo, quasi mortale, alle tv minori e ai media più deboli, con la stampa in primo luogo. E senza, magari, portare un gran risultato in termini di fatturato a fine anno. In Italia la tv ha il 54% degli investimenti, seconda sola a Brasile e Turchia, il mercato ha perso il 14,3% nel 2012, con i quotidiani al -17,6% e i periodici a -18,4%. A gennaio 2013 la stampa ha visto la pubblicità calare del 24,9% (-33% la commerciale nazionale).

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