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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 13:26.

L'entusiasmo per avere scoperto le cellule staminali della programmazione dalle infinite potenzialità, di poter disporre di un set di mattonicini lego si perde un po' per strada. Anche perché su internet altri mondi e nuovi sperimentatori si guadagnano presto la scena. I motori dei videogiochi online si dimostrarono strumenti migliori di Second Life. Non solo da un punto di vista grafico ma anche narrativo.

Su MMORPG come World of Warcraft i giocatori incominciano a lanciare messaggi politici, realizzano parodie di trailer e videoclip, organizzano feste e addirittura funerali (virtuali) di giocatori (reali). Le arene dei principali giochi online si trasformano in palestre per registi. Con buona pace della maggior parte dei produttori di videogame per PC e console che tuttavia cominciano a offrire pezzi del software utilizzato per creare videogame, insieme ad altre opzioni integrate nel gioco che consentono di registrare, modificare e condividere facilmente i contenuti creati. Su Youtube i giocatori di divertono a postare le registrazioni della loro performance. Su Machinima.com le loro opere d'arte. Nel solo mese di marzo circa 20.000 show creati dagli utenti e veri film completi hanno generato più di 108 milioni di video visti e 25 milioni di utenti unici. Titoli come Grand Theft Auto, The Sims, LittleBigPlanet oppure Call of Duty: Modern Warfare 2 grazie ai loro fan hanno vissuto seconde, terze vite dando libero sfogo al talento cinematografico del giocatori più creativi.

Ma il corto digitale non sfonda. Non riesce a uscire dallo schermo del pc per allargarsi a quello delle sale cinematografiche. Nonostante festival e rassegne internazionali, Machinima resta un divertissement per una nicchia. L'ultima tendenza a Cannes: 'R U There', una produzione franco-olandese ambientata a Taipei e su Second Life. Più che una tendenza, un ibrido furbetto per rilanciare almeno sulla stampa qualche parola d'ordine. Ma evidentemente qualcosa non va come dovrebbe. Qualcuno non ci crede, gli animatori professionisti, quelli che lavorano alla Pixar o nelle piccole botteghe di effetti speciali per Hollywood, non si lasciano distrarre dal loro core business.

Eppure, la creatività diffusa tagliata per il web ha trovato nuovi strumenti da mettere al servizio di Machinima. «Non c'è soltanto un vantaggio in termini economici nel creare un machinima rispetto ad altre tipologie di contenuti video - ha spiegato a Usa Today Allen Debevoise, CEO di Machinima.com - ma utilizzando un videogioco per creare un film (ad esempio) avrete a disposizione anche una base di fan che vogliono vedere qualcosa di interessante in questi mondi digitali». Quest'anno vedremo certamente una serie di opportunità che fondono queste due forme d'arte in una solaª.

Sullo sfondo di questa fusione c'è però per ora solo un universo di video più o meno amatoriali. Di programmi open source come Moviestorm che rendono più semplice maneggiare il codice delle animazioni. Forse saranno proprio questi programmi a suggerire un'altra vita di machinima. Una scrittura nuova che come una foto in bianco nero può raccontare forse un'altra realtà. Lasciando la dimensione più artistica della fiction per accoglierne una più giornalistica magari di denuncia. O, perché no? Di verità.

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