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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 15:39.
Il foglio che esce dalla lunga macchina di stampa della Omet di Lecco sembra solo carta. Però, una volta portata sul banco, improvvisamente si illumina. Una rete di microscopici led globulari, grandi quanto una cellula, vi è stata impressa. E ha stupito gli astanti dell'Arpa-e Innovation summit di Washington lo scorso maggio. Guadagnandosi le prima posizione tra i progetti di innovazione energetica.
Bill Ray, uno degli inventori della carta a led (Chief Scientist della neonata startup NthDegree) è anche docente del Sonoco Institute della Clemson University della Carolina del Sud. Centro d'eccellenza per lo studio delle tecnologie di stampa. Recentemente ha adottato la tecnologia 'made in Italy' della Omet, la macchina di stampa più modulare esistente o, come ama definirla, «il coltellino svizzero della printed electronics».
In pratica, stampare su fogli di carta o di plastica dei Led o celle fotovoltaiche, oppure circuiti o sensori, significa deporre selettivamente strati sovrapposti di diversi materiali con elevata precisione. In diverse fasi di processo.
E le macchine Omet, nate negli anni 60 per la stampa a colori di tovaglie, etichette e su plastica, hanno proprio questa caratteristica. La loro serie di multiple unità di stampa consente di combinare la stampa a rotocalco con la serigrafia oppure ancora con la stampa flexografica e l'ink-jet. «L'intero sistema è coordinato dalla meccatronica flessibile - osserva Angelo Bartesaghi, presidente e fondatore della Omet - e in una sola macchina riusciamo a coordinare diverse tecniche di stampa. Questo la rende parcolarmente interessante per i centri di ricerca, come quello della Clemson, che oggi sta provando tutte le alternative possibili per l'elettronica e il fotovoltaico a stampa. Anche con l'aiuto dei nostri tecnici. I primi risultati sono molto promettenti. Tra non molto si aprirà un mercato significativo per l'elettronica stampata».
Altrettanto sta avvenendo a Milano. Qui l'Istituto italiano di tecnologia (Iit), insieme al Politecnico, ha inaugurato un mese fa un nuovo laboratorio dedicato alle nanotecnologie e nanoscienze (39 ricercatori). «E uno dei nostri obbiettivi chiave - spiega Guglielmo Lanzani, coordinatore del nuovo centro - sarà quello di sviluppare un produzione fotovoltaica su vasta scala di celle flessibili, scendendo a 30 centesimi per watt, un terzo dei prezzi di oggi».
Celle a 'coloranti' (dye-sensityzed cells) impresse su fogli di plastica semitrasparente. Oppure persino a film sottile in nano-silicio su polimeri, come quelle in fase di sviluppo nei laboratori St Microelectronics di Catania. Ma anche a Milano lo strumento di ricerca sarà la macchina di stampa multipla della Omet. Su cui i ricercatori proveranno la deposizione di inchiostri, sia metallici che organici. Fino a ottenere celle a buon rendimento (finora sono ancora al 5%) e processi produttivi affidabili.
«Le nostra macchine sono prestate gratuitamente ai ricercatori - conclude Bartesahi - e ora ci aspettiamo anche a Milano quel clima stimolante che viviamo negli Usa. Anche per nuove collaborazioni con altre aziende». La frontiera dell'elettronica e fotovoltaico a stampa è infatti tutta aperta. E quando decollerà (questione di tempo) coinvolgerà molti attori. Non solo la lungimirante Omet.
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