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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 18:55.

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Il nanomondo può attendereIl nanomondo può attendere

VIDEO / Nanofactory Animation

È il 21 gennaio del 2000. La Casa Bianca annuncia in pompa magna la National Nanotechnology Initiative (Nni), istituita per volontà del presidente Bill Clinton. Si potrà «racchiudere l'intera Biblioteca del Congresso in un apparecchio grande come una zolletta di zucchero – recita il comunicato stampa nell'elencare le possibili ricadute future – grazie a memorie di massa mille volte più capienti». E perfino «fabbricare prodotti bottom-up, ovvero partendo dal basso usando singoli atomi e molecole» come materie prime. E poi ancora: produrre materiali leggeri e durissimi; rimuovere i contaminanti dall'acqua; raddoppiare l'efficienza delle celle solari.

È una data storica perché, una volta pronunciata da Clinton, la parola «nanotecnologia» è entrata nelle cronache quotidiane. Ovviamente, non si trattava di una boutade di Washington: nel 1959 il premio Nobel Richard Feyman aveva spiegato che «c'è un sacco di spazio verso il basso» (con l'esempio della biblioteca nella zolletta) e nel 1986 il libro «Motori di creazione» di Eric Drexlel aveva teorizzato la nanofabbrica bottom-up. Eppure, da quel momento, il mondo ha prestato attenzione.
Si stima che oggi ci siano sul mercato 1.300 prodotti in qualche modo nanotecnologici: dalle creme solari agli antibiotici, dalle pentole antiaderenti alle finestre che si autopuliscono. Anche prodotti evoluti, come l'iPhone, contengono parti o superfici prodotte con nanomolecole. Ovvero, per farla semplice, con "mattoni" nell'ordine dei miliardesimi di metro.

Il numero di scoperte e di applicazioni "verso il basso" è cresciuto in maniera esponenziale. Però non siamo ancora all'alba dell'era nanotech immaginata da Feynman e Drexel. «Con le nanoparticelle puoi fare cose straordinarie – commenta David Foster, membro del Foresight Institute fondato nell'86 dallo stesso Drexel – ma non hanno niente a che vedere con l'atomically precise manufacturing».
La fabbricazione atomica di precisione implica un nanosistema fatto di motori e meccanismi nanoscopici che costruiscono un prodotto (perfino un computer portatile, come immaginato da un'animazione computerizzata realizzata dal Foresight) atomo dopo atomo. Un po' come nelle stampanti 3D ormai sul mercato, che costruiscono oggetti aggiungendo strato su strato. Dove però la materia prima, invece di essere un lungo polimero, è fatta di singoli atomi di idrogeno, carbonio, litio, silicio o quant'altro.

«La Nni americana – riprende Forrest, che lavora per la Marina americana come ingegnere dei materiali – non ha investito un dollaro su questo fronte e questo è stato il fattore determinante». Ma la concorrenza internazionale? «Se gli Usa investissero sulla fabbricazione atomica di precisione, gli altri seguirebbero».
Volendo, si potrebbe aggiungere che il boom del nanotech non si è visto neppure in Borsa. Dopo una prima fase di eccitazione degli investimenti "nano", «poi si è scoperto che ci sarebbe voluto almeno un decennio per vedere i profitti: storie finanziarie di successo non ce ne sono state», dice Alan Shalleck, analista di NanoClarity. «C'è stato un sacco di entusiasmo in tutto il mondo – commenta Chad Mirkin, direttore dell'istituto di nanotecnologia alla Northwestern University – perché il pubblico non capisce che ci vuole tempo, prima di arrivare ai punti di svolta».

Eppure, secondo Forrest, non siamo neppure così lontani. «I progressi ci sono, e rilevanti», assicura. C'è Alex Zettl a Berkeley, che ha costruito una macchina molecolare in grado di spostare gli atomi. Oppure Chris Schafmeister della Temple University, che ha fabbricato una struttura atomica di precisione con la chimica sintetica.
Forrest non sa predire quando spunterà l'alba della nanotecnologia. «Però credo che fra 40 anni la manifattura molecolare sarà una realtà consolidata. E quel giorno, il mondo sarà ben diverso da oggi: energeticamente più efficiente, ambientalmente più sostenibile, economicamente più ricco». Insomma, quella promessa scientifica strombazzata al mondo dalla Casa Bianca, è più valida che mai.
«Ho appena letto l'autobiografia di Clinton – scrive Howard Lovy nel suo blog di cose nanotech – e sono rimasto basito: il presidente non dice una parola sulla National Nanotechnology Initiative». Segno che si può fare la Storia, anche senza accorgensene.

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