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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 18:05.

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La spesa complessiva in informatica e tecnologie (Ict) per la sanità è di 1,3 miliardi di euro, pari a circa l'1,1% del costo totale. Fanno 22 euro per abitante. Poco, sostiene l'Osservatorio Ict in Sanità nel 2012 della School of Management del Politecnico di Milano in un rapporto che verrà diffuso martedì. Poco, se si considerano altri paesi con sistemi sanitari confrontabili. Molto se si considera che dal 2005 al 2011 quella sanitaria è l'unica voce di spesa in Ict che cresce rispetto a tutta la pa. Eppure, anche questi investimenti potrebbero essere a rischio. «Effettuare tagli al sistema sanitario italiano non è facile», si legge nel rapporto. «Esiste una sola leva che potrà consentire di conciliare in futuro la qualità del servizio e il controllo della spesa: l'innovazione, che nelle nuove tecnologie, e in particolare nel virtual health, trova un suo driver fondamentale».

Dentro virtual health o e-health ci sono tecnologie e servizi, soluzioni per la medicina sul territorio, monitoraggio, prevenzione e cura a distanza per ridurre i costi della gestione dell'ospedalizzazione, in particolare della popolazione anziana e dei cronici. L'esigenza è spostare l'assistenza dall'ospedale verso il territorio, diminuendo in modo rilevante la degenza e i costi di assistenza. L'area del Long Term Care è infatti tra quelle che maggiormente preoccupa chi deve far quadrare i conti della sanità. «L'opportunità di introduzione di innovazione in queste aree è oggi enorme - commenta Mario Salerno di Fondazione Filarete -. Senza dimenticare le possibilità fornite dalla disponibilità di enormi quantità di dati il cui utilizzo può avere impatti significativi su analisi epidemiologiche e sulla gestione della salute pubblica»,. Il solo effetto della deospedalizzazione, ad esempio, può valere oltre tre miliardi di euro l'anno. Confindustria l'anno scorso ha calcolato che la telemedicina, da sola, farebbe risparmiare 7,3 miliardi, ricetta digitale e fascicolo sanitario congelerebbero a loro volta altri quattro miliardi.

«Potremmo assistere alla tempesta perfetta, a una singularity tecnologica che vede l'healthcare da un lato e digitale e internet delle cose dall'altro convergere e alimentarsi a vicenda», spiega Leandro Agrò, global director user experience di Publicis Healthware International, azienda che offre servizi di consulenza strategica e comunicazione digitale in ambito healthcare. Paradossalmente la sanità che ha conosciuto per ultima il web lo cavalcherà meglio di editori, banche e telco. Negli Stati Uniti otto medici su dieci posseggono un tablet e lo usano per il loro lavoro. Esistono tra i sei e sette braccialetti che monitorano pressione, battito cardiaco, temperatura, di poche decine di dollari. Diverse centinaia di applicazioni per smartphone che ci monitorano ogni singolo istante della nostra vita. Il processo a cui stiamo assistendo parte dall'accesso all'informazione medica, oggi democratizzato dalla vastità di opportunità disponibili in rete. Ma prosegue cavalcando devices di monitoraggio nati per il wellness che si stanno sempre più integrando con profili medici, e da lì risale verso un futuro di autodiagnosi e autocura. Leandro Agrò sintetizza questo fenomeno con 'consumerizzazione dell'healthcare'. E si spinge oltre. I prossimi tre step sono informazione (epatients), monitoraggio (self tracking), autodiagnosi (Ai), autocura. Oggi, si legge in un Whitepaper di prossima pubblicazione, saremmo solo alla prima fase, quella degli epatients.

In Italia sull'onda del britannico Patience Opinion e dello statunitense Patientslikeme già da qualche anno è attivo Patienti.it, fondato da una giovane medico, Linnea Passaler. «I pazienti che mi arrivavano ‐ ricorda - spesso erano all'oscuro di informazioni fondamentali per la loro salute. Se avessero scelto con più cura dove affidarsi avrebbero avuto esiti diversi. Da qui è nata la voglia di dare un servizio che permettesse a chiunque, anche a chi non avesse conoscenze di medici, di informarsi e di scegliere consapevolmente». Pazienti.it oggi raccoglie migliaia di informazioni, recensioni, dati su tutte le strutture sanitarie italiane. Informazioni che continuano ad aumentare, eppure, il dialogo tra tecnologi, medici e istituzioni è tutt'altro che sereno, almeno in Italia. I pazienti, spiega la Passaler, diventano sempre più consumatori di salute, «pretendono più servizi, più qualità a costi più bassi. La medicina è invece ancora arroccata su posizioni molto paternalistiche, si mette poco in discussione; il sistema sanitario è basato su diritti acquisiti che riteniamo sacrosanti ma che diventano sempre più difficili da garantire con il prolungarsi dell'età». Queste due istanze apparentemente opposte producono attriti fortissimi.

L'altro terreno scivolosissimo è quello della privacy e del trattamento dei dati sensibili soprattutto se riferiti alla salute. Questi servizi innovativi in rete, lamentano i tecnologi, sono ostacolati da normative che rendono impossibile sbloccare le potenzialità di questo strumento. All'estero ci sono certamente meno limitazioni e forse anche per questo si sta sviluppando rapidamente la geomedicina, ovvero il posizionamento dei dati medicali sulla mappe per analizzarli alla luce del contesto. Così come le ricerca collaborativa attraverso gli open data delle università. Quest'anno scadranno importanti brevetti per Big Pharma. Le grandi del farmaco hanno iniziato a guardare in basso, al digitale, a vendere prodotto (farmaco) e servizio. Come? Tenendo d'occhio quel mondo di startup della salute che sta partendo. Nell'ultimo anno Rock Health, un acceleratore di seed capital ha finanziato ben 15 startup attive su mobile e web applicazioni. Anche qui da noi il biomedicale produce idee. Ogni mese Fondazione Filarete presenta e lancia startup attive nel settore biomedicale. All'ultima Filarete Healthy Startups di marzo, Roberto Lattuada di MyHealthbox ha raccontato la sua idea: progettare e distribuire bugiardini elettronici per medicinali e prodotti per la salute. Il 2 maggio Samuele Burastero, ricercatore al San Raffaele, proporrà Dya, un chip per scoprire in temi rapidi le allegrie. Non sarà solo. Con lui innovatori che racconteranno un'altra sanità possibile.

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