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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 16:35.

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Il dibattimento prosegue, senza esclusione di colpi e, stando alle attente cronache in arrivo dagli Usa, senza mancare di essere avvincente. L'unico soggetto che farebbe forse a meno del ping pong in atto fra gli avvocati di Apple e quelli di Samsung è il giudice della Corte Distrettuale di San Jose, Lucy Koh, che ha invitato espressamente i legali delle due rivali a trovare una linea di procedura non finalizzata a confondere la giuria.

Detto che l'ultimo affondo del colosso coreano (datato venerdi 10 agosto) è stato mirato contro gli esperti chiamati a testimoniare da Cupertino in merito alla somiglianza fra iPhone e iPad e gli smartphone e i tablet Galaxy, dal processo è emerso un retroscena importante, svelato dai top manager della casa della Mela. Retroscena che spiega, in parte, perché la disfida legale abbia poi trovato terreno florido per arrivare ai livelli di non ritorno attuali.

Apple, nel 2010, avrebbe proposto a Samsung un accordo per l'utilizzo in licenza delle tecnologie coperte da brevetto sui propri dispositivi mobili Android in cambio di un fee di 30 dollari per ciascun telefonino venduto e di 40 dollari per ogni tablet. E nel caso Samsung avesse concesso a sua volta in licenza l'utilizzo del proprio portafoglio brevetti si sarebbe vista riconoscere uno sconto del 20% sulle tariffe di cui sopra. Se fosse andato in porto l'operazione non ci sarebbe stata nessuna azione legale? Non ci sono riprove in tal senso, ma c'è chi ha calcolato come l'azienda coreana – in caso di accordo - avrebbe dovuto versare a quella californiana, nel solo 2010, circa 250 milioni di dollari, cifra assai inferiore rispetto al fatturato derivante dalla vendita ad Apple di memorie e chipset.
In altre parole, questo il succo dell'ultima rivelazione, l'azienda californiana ha cercato, prima di affidare la questione agli avvocati, di trovare una (assai vantaggiosa) amichevole soluzione per non arrivare allo scontro frontale con un suo strategico fornitore di componenti e chiudere un occhio sulla "sospetta" somiglianza dei Galaxy S con gli iPhone. La risposta di Samsung, come immaginabile, fu negativa. Nessun onere di licenza, che peraltro si estendeva anche ai prodotti basati su sistema operativo Symbian e Bada, da riconoscere ad Apple e quindi ecco materializzarsi i presupposti per lo scoppio di una delle querelle legali più importanti della storia hi-tech.

Da San Jose è anche arrivata un'ulteriore chiave di lettura della guerra in carta bollata: Apple ha sottoposto e documentato alla giuria decine di esempi che dimostrerebbero come l'obiettivo primo di Android fosse quello di indurre diversi produttori ad utilizzare la tecnologia brevettata da Cupertino. Un'accusa diretta verso Google, responsabile alla fine dell'opera di violazione perpetrata da Samsung e altri vendor fedeli a Mountain View come Htc e Motorola? Se così non fosse, poco ci manca.

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