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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2013 alle ore 15:35.

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La prima cosa che salta all'occhio guardando i dati delle vendite di smartphone nel mondo nell'ultimo trimestre del 2012 è che sotto il dominio di Apple e Samsung le posizioni della classifica fino al quinto posto sono tutte occupate da costruttori cinesi: Huawei, Zte e Lenovo. Lenovo, in particolare, è salita del 216% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Agli occhi di un occidentale, che negli scaffali dei rivenditori di elettronica di consumo ancora non trova questo marchio sui cellulari, la performance appare stupefacente.

La spiegazione è molto semplice: la corsa è avvenuta in Cina, dove Lenovo oggi è in seconda posizione con una quota di mercato del 30% dopo Samsung. Durante il prossimo anno fiscale, che comincia questo mese, l'obiettivo è scavalcare l'azienda di Seul. Nel Paese del dragone l'azienda ha negozi monomarca, pagine di pubblicità nei magazine che sottolineano la coolness dei suoi cellulari e un'altra linea di prodotti più tradizionale e low cost che punta sulle grandi aree meno avanzate dove il regalo più comune per le nozze è il primo pc di famiglia.

Nel corso del 2012 Lenovo ha iniziato a portare i suoi smartphone fuori dalla Cina: in Indonesia, India, Filippine, Russia, Vietnam. La strategia al momento si concentra sui Paesi dove il mercato non è ancora saturo. La seconda parte della sfida guarda a Occidente e i primi smartphone dovrebbero arrivare in Europa, Italia compresa, nel 2014. Sui passi in questa direzione gli ultimi mesi sono stati un susseguirsi di voci sul percorso di acquisizioni che l'azienda potrebbe essere sul punto di concludere: BlackBerry e la divisione mobile di Nec. A domanda su eventuali discussioni con i produttori il ceo Yang Yuanqing, incontrato nella sede dell'azienda a Pechino, si guarda bene dal confermare nomi: «Posso soltanto dire che abbiamo sempre creduto nelle acquisizioni, se ci sono opportunità non ce le facciamo sfuggire». Lenovo ha una disponibilità di cassa di 4 miliardi di dollari e non ha debiti: una posizione ideale. Nel 2005 comprando i pc di Ibm ha fatto il più grande merger nella storia del personal computing, strada proseguita con altre joint venture e acquisizioni mirate. Nel 2009 aveva una quota mondiale nei pc del 6,5%, nel primo trimestre 2013 è arrivata al 15,3%: è numero 2 al mondo, tallona il primato di Hp ed è l'unica azienda a non aver visto calare le vendite in un mercato crollato di oltre il 14 per cento. Quando i numeri uno? «Succederà come evoluzione naturale» risponde Gianfranco Lanci, da un anno responsabile Emea di Lenovo, una laurea al Politecnico di Torino e una carriera unica per un italiano nelle multinazionali dell'informatica: Texas Instrument, Acer (fino a diventare ceo) e ora Lenovo.

Gli smartphone e i tablet sono la frontiera, ma i ricavi dell'azienda cinese oggi arrivano per il 51,7% dai notebook, il 30,1% dai desktop. «Nel 2012 nonostante la crisi dei pc abbiamo raggiunto il nostro risultato migliore – continua Lanci –. Non credo che il pc sia destinato a morire. La nostra visione per il futuro è il "pc plus": assisteremo a nuove ibridazioni nelle forme nei prossimi 3 anni. Veniamo da un'industria dove per 30 anni l'unico input è stato la tastiera. Ora c'è il touch, probabilmente nel prossimo futuro ci sarà la voce». Su Windows 8: «Va nella giusta direzione, integrando le funzioni del pc classico con il touch – sottolinea Lanci –. Microsoft ha fatto un buon lavoro: la cosa più difficile non è fare un sistema operativo, ma mantenerlo per così tanti anni».
L'idea di pc plus si traduce in modelli ibridi tablet/pc come lo Yoga e l'Helix, o il computer da tavolo Horizon. «Ci siamo chiesti come mantenere la tastiera migliorando il touch, questa è stata la nostra risposta» afferma George He, cto di Lenovo, mentre mostra lo Yoga e le 4 posizioni in cui può essere usato insieme ad altri concept che non hanno mai visto il mercato. La frontiera, a guardare gli annunci di Apple, Google e Samsung nei prossimi mesi, è il computer indossabile, a partire da orologi e occhiali connessi. «Assisteremo a un proliferare di smart device – risponde He –. Da due anni parliamo dell'orologio cercando di capire i vantaggi per i consumatori, come la possibiltà di avere le notifiche sul polso, il calcolo dei km percorsi quando si corre e così via. Ha però un grande limite: la batteria. Con queste funzioni dura un giorno e vuol dire la sera dover mettere in carica un altro oggetto oltre lo smartphone».

Lenovo è pubblica per il 57% (quotata a Hong Kong), controllata al 33% da Legend che a sua volta è controllata al 30% dalla Chinese Academy of Science, che aveva favorito la nascita dell'azienda negli anni Ottanta quando creò la prima scheda in grado di usare i caratteri cinesi sui pc occidentali. Il ceo sottolinea che si tratta del 10% effettivo e che non è una presenza del governo, che non siede nel board: «È fattualmente scorretto dire che siamo controllati dal governo». E poi: «La Cina vuole diventare un Paese in grado di fare innovazione e marchi globali, non la fabbrica del mondo a basso costo. Siamo pionieri di questo modello e vogliamo essere globali: i primi 10 executive vengono da 7 Paesi diversi».

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