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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2011 alle ore 13:21.

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La Finlandia spinge il Portogallo (e l'Europa) verso il baratro (Foto Epa)La Finlandia spinge il Portogallo (e l'Europa) verso il baratro (Foto Epa)

La crisi di crescita
È chiaro che la crisi portoghese a differenza di quella irlandese non è bancaria (anche se gli istituti portoghesi fanno fatica a finanziarsi sul mercato secondario a causa della crisi del debito sovrano) ma è una crisi di crescita, o meglio di mancata crescita del Pil e quindi di competitività. Motivo per cui serve un Esecutivo forte, condiviso e autorevole che si prenda carico di far passare le necessarie riforme strutturali che ridiano competitività all'economia portoghese oggi marginalizzata.

Tempi stretti
Un accordo tra Ue e Fmi e Lisbona dovrebbe essere siglato per il 17 maggio. La trattativa è complicata dalla situazione interna difficile del paese lusitano, guidato dal governo dimissionario di Socrates, incaricato della gestione degli affari correnti fino alle politiche anticipate del 5 giugno, che secondo gli ultimi sondaggi dovrebbero essere vinte dal principale partito di opposizione del centrodestra, il Psd di Pedro Passos Coalho. Una missione Ue-Fmi a Lisbona da una settimana ha iniziato a preparare lunedì 18 aprile le condizioni tecniche della trattativa, e una prima valutazione della situazione del paese.

Secondo la stampa portoghese Ue e Fmi condizioneranno l'aiuto a un nuovo duro giro di vite per il paese, che potrebbe comportare taglio di stipendi e pensioni (per recuperare la competitività perduta), liberalizzazioni dell'economia e del mercato del lavoro, tagli alla spesa pubblica, l'aumento della pressione tributaria. Due tedeschi guidano le delegazioni della Commissione e della Bce, Juergen Kroeger e Rasmus Ruefner, un danese, Poul Thomsen, quella del Fmi. Sulla trattativa pesa la vittoria relativa in Finlandia ieri del partito di estrema destra Autentici Finlandesi, che chiede che il governo di Helsinki si opponga all'attuale progetto di salvataggio del Portogallo. Il leader del partito, giunto terzo ieri, Timo Soini ha detto la notte scorsa di «non credere» che il pacchetto previsto per il Portogallo «possa durare». Un brutto segnale epr Lisbona e i periferici.

I motivi della debolezza lusitana
Il Portogallo rischia grosso se non arrivano presto i soldi visto che oggi ha in cassa appena 3 miliardi di euro. Ma come si è giunti a questa situazione disastrosa? I motivi sono vari: la crescita bassa da anni e l'impasse sul varo delle riforme strutturali necessarie per uscire dal pantano.
Il Portogallo ha sofferto tutti gli effetti negativi dell'ingresso nell'euro. L'abbassamento dei tassi d'interesse ha favorito non gli investimenti produttivi ma un fortissimo indebitamento di famiglie e imprese. La politica fiscale non ha mai tentato di ridurre i deficit, che così si sono sommati; all'alto debito privato si è aggiunto quello pubblico. Due debiti fanno il fallimento di una nazione.
In più il Portogallo ha perso competitività, perché è scesa sia la produttività sia il costo del lavoro. In più i sindacati hanno chiesto e ottenuto forti aumenti salariali nel settore pubblico (associata a una politica di elargizione clientelare a piene mani da parte della classe politica), che hanno contagiato il settore privato aiutando a mettere fuori gioco tutta l'economia del paese.

Con la crisi finanziaria del 2007 i mercati si sono resi conto che Lisbona non sarebbe stata in grado di ripagare la montagna di debiti e alla fine anche il sistema bancario, pur sano, ne è stato contagiato, soprattutto perché appensantito dai titoli pubblici locali in pancia dei bilanci acquistati per evitare il default pubblico.

Insofferenza per i Pigs
Ora dopo il voto finlandese con gli ultranazionalisti "Autentici Finlandesi" diventati la terza forza politica del paese, si rischia di veder bloccare, come accadde con il referendum sulla Costituzione europea in Francia e poi in Olanda per i timori del fantomatico idraulico polacco, il meccanismo di salvataggio dei paesi di Eurolandia così faticosamente messo in atto finora. E che si basa sull'unanimità di tutti, tallone di Achille del sistema decisionale di questa Europa che non riesce a costruire una funzione istituzionale federale per affrontare i problemi strutturali.

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