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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2011 alle ore 11:01.
ROMA. Per la riforma delle professioni il Governo prende in considerazione l'ipotesi di un disegno di legge collegato alla manovra. La norma sulla liberalizzazioni e sulla cancellazione delle «indebite restrizioni all'accesso» è stata stralciata l'altra sera dalla bozza del decreto legge dopo il confronto a Palazzo Chigi (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri).
Tuttavia, nell'Esecutivo c'è chi insiste nel proporre un intervento sulle professioni anche se l'utilizzo di un disegno di legge collegato, al posto del decreto legge, assicura più tempo al confronto parlamentare e sottrae la materia dalle insidie dei voto di fiducia, motivato dai tempi della manovra.
Così, nella serata di ieri si è diffusa la voce che all'esame del Consiglio dei ministri di oggi ci sarebbe anche il collegato per la riforma. Tuttavia, se il Governo vorrà procedere nel segno della deregulation e dell'abrogazione delle restrizioni all'accesso agli Ordini – così come prefigurato nella bozza del Dl sulla manovra – non resterà che la via dello scontro, soprattutto per evitare che passi l'idea degli Albi come strumenti corporativi e non di garanzia per i cittadini. «Per come ora sono scritte, le misure contro le restrizioni ingiustificate – afferma Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti – non hanno ricadute, visto che l'articolato fa salvi notai e farmacisti, le uniche professioni che hanno un numero programmato e regole per la distribuzione territoriale delle sedi. D'altra parte aver enumerato – accanto a notai e farmacisti – architetti, ingegneri, avvocati e autotrasportatori suona come una provocazione per le altre professioni: i medici, per esempio».
Sulla stessa linea il presidente dell'Ordine degli psicologi del Lazio, Marialori Zaccaria. «Con l'eccezione dei farmacisti, la norma escluderebbe dall'esercizio del ruolo di tutela gli Ordini delle professioni sanitarie, gli unici deputati a certificare la bontà dei titoli e l'eticità dei comportamenti dei professionisti». D'altra parte la norma non parla mai dell'esame di Stato, disciplinato dall'articolo 33 della Costituzione, ma solo di «autorizzazioni o licenze» per l'esercizio, una formula che mal si addice alle professioni intellettuali e che forse si riferisce alle professioni commerciali e artigianali. Nell'articolato, inoltre, si fa riferimento alla possibilità di esercizio in società e alla possibile limitazione delle riserve.
Marina Calderone, presidente del Cup (il Comitato unitario degli Ordini), ricorda come nei mesi scorsi si sia avviato il confronto con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per arrivare a un testo condiviso. Il ministro potrebbe aver deciso di sfruttare l'occasione e di veicolare nel Ddl i risultati degli incontri. Oggi si vedrà se avranno prevalso i fautori degli Ordini o i portavoce della deregulation o se, in attesa di nuovi equilibri, si sarà deciso per il rinvio della partita.
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