Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2011 alle ore 09:18.

My24

di Giorgio Pogliotti
In vista dell'avvio del confronto sul contratto di gruppo che si applicherà a tutti i dipendenti degli stabilimenti italiani, la Fiat annuncia la disdetta degli accordi sindacali e dei contratti dal 1° gennaio 2012, in contemporanea con l'uscita da Confindustria.

La lettera inviata ieri ai sindacati che riguarda il perimetro di Fiat Spa – a breve ne seguirà un'altra per Fiat Industrial – spiega che serve un «riassetto ed una armonizzazione delle discipline contrattuali collettive aziendali e territoriali che si sono succedute nel tempo» sin dagli anni '70 per «renderle coerenti e compatibili con condizioni di competitività e di efficienza». Anche se non c'è ancora una data di convocazione, Fiat fa sapere ai sindacati che «saranno promossi incontri per valutare le conseguenze del recesso ed eventualmente predisporre nuove intese» con l'obiettivo di «assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto ai precedenti».

Modello di riferimento è il contratto aziendale di primo livello firmato a Pomigliano, applicato anche a Mirafiori e Grugliasco: prevede 120 ore di straordinario comandato (rispetto alle 40 ore del contratto dei metalmeccanici), 18 turni (erano 10), 10 minuti in meno di pausa retribuiti, un incremento di 30 euro dei minimi tabellari. Nei picchi di assenteismo l'azienda si riserva di non pagare la propria quota di trattamento di malattia, inoltre è prevista una clausola di responsabilità con sanzioni a carico di sindacati e singoli lavoratori che violano gli accordi.

Sulla rappresentanza si torna all'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori con le Rsa e l'esclusione dei sindacati – come la Fiom – non firmatari di intese aziendali. La disdetta oltre al contratto nazionale dei metalmeccanici, interessa tutte le intese, compresa la disciplina sui permessi sindacali, come già accaduto nel luglio 2010 a Pomigliano con la nascita della Newco.

Fim, Uilm, Fismic e Uglm sono pronte ad aprire il confronto e sollecitano l'immediato avvio del tavolo. Per Confindustria parla il presidente dei Giovani imprenditori, Jacopo Morelli: «Ci piacerebbe in questo momento di forte difficoltà che tutte le energie fossero concentrate per costruire e unire, e quindi lavorare molto più su quello che nel Paese unisce piuttosto che su quello che può dividere. Ovviamente tutte le scelte imprenditoriali sono libere, e ciascuno le fa nel proprio perimetro di decisione».

La Cgil per voce di Vincenzo Scudiere, considera la disdetta «una scelta destabilizzante», contestando «l'esclusione di un sindacato fortemente rappresentativo come la Fiom dagli stabilimenti Fiat». Maurizio Landini (Fiom) ha indetto per oggi una conferenza stampa: «andremo avanti con le azioni legali e le denunce, metteremo in campo un'azione sindacale per tutta la categoria». Nessuna sorpresa dalla Fim-Cisl: «Ce l'aspettavamo – spiega Giuseppe Farina –, Fiat ha formalizzato quanto annunciato nei mesi scorsi con l'uscita da Confindustria. A noi non è piaciuta ma ne abbiamo preso atto, adesso dobbiamo creare un contratto unico che uniformi i trattamenti per tutti i dipendenti del gruppo». Per Rocco Palombella (Uilm) la disdetta «è un fatto grave», serve subito un incontro con l'azienda per «verificare gli effetti del recesso». Palombella propone alla Fiat un "contratto ponte" per il solo 2012: «Per evitare la giungla contrattuale – spiega – al termine di un anno potrebbero esserci le condizioni per confluire nella disciplina sull'auto del contratto nazionale dei metalmeccanici 2013-2015».

Dal mondo politico l'ex ministro del lavoro, Maurizio Sacconi (Pdl) auspica che «segua una fase intensa di dialogo e si possano realizzare quanto prima altre intese, oltre quelle già siglate». Mentre per Cesare Damiano (Pd) Fiat «non tiene conto della nuova situazione politica che richiederebbe coesione sociale». Critico Pier Ferdinando Casini (Udc): «È una cosa che certo non mi fa piacere e mi induce a pensare che probabilmente Marchionne pensa di più all'estero che all'Italia». Duro il giudizio di Nichi Vendola (Sel) («La violenza del metodo Marchionne è oggi sotto gli occhi di tutti») e Antonio Di Pietro (Idv): «La disdetta chiude il cerchio, annunciando di fatto l'abbandono del nostro Paese, individuando nei lavoratori il capro espiatorio».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi