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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2011 alle ore 16:54.

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Cambia il mercato, cambiano anche le imprese. Almeno quelle più virtuose. Quelle che hanno saputo interpretare per prime i nuovi bisogni del sistema economico e li hanno saputi assecondare attraverso modalità innovative di gestione del business. «Le aziende di tutto il mondo oggi si trovano davanti a uno scenario profondamente diverso da quello del passato. Se prima la competizione tra imprese vedeva un vincitore e un vinto, oggi assistiamo sempre più a una sfida inedita dove a vincere non è un singolo imprenditore ma una collettività. Trionfa quindi un sistema di alleanze che vede coinvolti con un ruolo di coprotagonisti tutti gli stakeholder dei processi della produzione. Una rivoluzione culturale della quale in tanti non si sono ancora accorti».

Maurizio Zollo, ordinario di Strategia e sostenibilità aziendale all'Università Bocconi di Milano e presidente dalla European Academy of Management, studia da molti anni le trasformazioni che sono avvenute nel mercato e nelle aziende. Sia in quelle italiane sia, soprattutto, nelle realtà produttive straniere, che sul terreno della competitività data dalla sostenibilità hanno raggiunto risultati di rilievo. E dice che l'Italia (nonostante alcune eccellenze riconosciute) ha ancora molta strada da fare per colmare il divario che la separa dalle regioni e dai Paesi più avanzati, come quelli del Nord Europa o come il Brasile e l'Inghilterra, dove la sostenibilità d'impresa è considerata una leva strategica, un valore aggiunto.

Una strada che deve cominciare nelle università, ancora legate all'insegnamento di vecchie modalità di gestione aziendale e che devono necessariamente aggiornarsi per rispondere alle richieste di un mercato globale e interconnesso: «Il sistema economico nel quale operiamo - sottolinea ancora Zollo - impone un ripensamento fondamentale sulla natura stessa dell'azienda: cos'è? qual è il suo ruolo nei confronti della società? quali sono i suoi obiettivi?, cosa significa oggi fare impresa? Negli ultimi anni la logica competitiva dei mercati si è trasformata. Per vincere le sfide del futuro le aziende, che siano di grandi dimensioni o appartengano alle cosiddette Pmi, dovranno imparare a fare squadra con tutti i protagonisti della produzione: in primo luogo e verso l'interno con le proprie risorse umane ma anche, all'esterno, con i fornitori, con i clienti, con i prestatori di capitali, con le comunità locali di riferimento che devono sostenere l'impresa e che da essa dipendono per vivere». È come una staffetta, spiega Zollo, dove ciascun corridore, ciascun attore, deve sviluppare le proprie competenze per essere più veloce e per battere così, insieme, la concorrenza.

«Le dimensioni economica, sociale e ambientale in questo senso sono tutte sullo stesso piano, concorrono tutte quante al raggiungimento degli obiettivi aziendali, mentre tradizionalmente la prima aveva la prevalenza, in funzione della quale le altre venivano gestite in maniera più o meno positiva. Questo nelle università italiane purtroppo non si è ancora capito, o comunque non è stato sviluppato un approccio formativo integrato, che insegni una nuova modalità di gestione dell'azienda. Negli atenei abbiamo sì corsi sulla responsabilità sociale d'impresa, sulla gestione ambientale, sulla sostenibilità del business, ma questi sono solo inserti specializzati in un percorso didattico ordinario». Insomma, di fronte a questa rivoluzione culturale, dove l'impresa non è un "microcosmo" fine a se stesso ma un elemento integrato in un ecosistema complesso, deve trasformarsi anche l'impianto delle strutture formative «in modo che esso sia in grado di garantire al tessuto industriale nazionale un management preparato e in grado di migliorare le competitività del sistema Italia».

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