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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2011 alle ore 17:20.

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Come la guerra del futuro sarà fatta da droni, telecamere infrarosse e virus telematici, così la sfida economica del domani si gioca sul piano della credibilità e del rating dei suoi titoli pubblici. Un voto negativo, un declassamento e i bond di uno Stato sono carta straccia, junk bond, e i suoi cittadini costretti a manovre di austerità, duri sacrifici mentre l'immagine nazionale cade nella polvere.

Ecco spiegata la potenza delle tre agenzie di rating, tutte sostanzialmente anglosassoni sebbene Fitch fosse nata da capitali francesi; società private senza eserciti, una confraternita elitaria di appena tremila persone, ma capaci di mettere al tappeto persino gli Stati Uniti d'America.
Questa nuova potenza mondiale sono le agenzia di rating, aziende private che valutano il grado di rischio rappresentato dall'investire in un'azione, in una moneta, in un bond privato o in un'obbligazione del debito pubblico. La tripla A, il voto massimo, è entrato nel linguaggio comune: «Questo piatto è da tripla A», si sente dire comunemente al ristorante rivolgendosi allo chef.

La lettera D sta invece per default e junk bond per titoli spazzatura. I Paesi emergenti cercano di ottenere lo status di investment grade non senza difficoltà. In sostanza il sistema di votazione è una scala inversamente proporzionale al rischio: più basso è il rating, più alto il rischio e quindi più elevata deve essere la remunerazione del capitale (il rendimento che l'investitore chiede per comprare il titolo). Apparentemente è un servizio importante fornito al risparmitore, in realtà nel tempo è diventato un meccanismo poco trasparente e monopolizzato da tre grandi società che si accaparrano il 90% del mercato.

Gli gnomi di S&P's. Fondata nel 1860 Standard & Poor's ha uffici megagalattici a Wall Street, Canaray Warf a Londra, nella Main Tower a Francoforte o in Rue de Courcelles a Parigi. S&P'S sceglie la discrezione e preferisce nascondersi dietro il nome di McGraw-Hill, la sua casa madre americana specializzata in libri economici e scolastici. Il settore del rating è uno dei più segreti e sconosciuti al mondo, un'industria dei servizi finanziari che obbliga le società a passare sotto le forche caudine per ottenere a caro prezzo il tanto agognato voto che gli apre le porte dei mercati.

Le tre grandi del settore hanno ottenuto dei profitti considerevoli negli ultimi tempi, che si sono spinti fino al 50% del loro giro d'affari (1,3 miliardi di euro per S&P's nel 2010). Una miniera d'oro che non ha eguali in altri settori ad esclusione forse di quello della tecnologia d'avanguardia e del lusso.

Ogni Paese delle società di rating ha dei responsabili (suddivisi per Paese) che a differenza di quanto si possa pensare non sono affatto super pagati: un analista junior a S&P's guadagna circa 45mila euro all'anno mentre un senior con 5 anni di anzianità porta a casa dai 75mila ai 100mila euro all'anno. Poi ci sono i bonus di fine anno ma niente di più. Insomma una vita agiata ma senza eccessi.

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