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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2011 alle ore 17:20.

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Il secondo azionista di riferimento di Moody's è il fondo Capital World Investors di Los Angeles della famiglia Lovelace, con il 12% delle azioni. Insomma soci importanti e molto attivi nei settori che sono sotto osservazione delle società di rating stesse. Va però ricordato che le società si difendono ricordando che ci sono delle "muraglie cinesi" al loro interno che dividono il settore commerciale da quello degli analisti che scrivono le famose notes in tutta indipendenza.

Capital World Investors però è anche il maggiore azionista, con il 12% nella McGraw Hill che, come abbiamo detto prima, controlla Standard & Poor's: cioè ha interessi in entrambe le due maggiori agenzie di rating del mondo. Niente da ridire se non che sia Berkshire Hathaway, sia Capital World Investors hanno nei loro business anche settori dove le loro agenzie operano.

Insomma non ha tutti i torti Michel Barnier, il commissario europeo incaricato dei mercati finanziari, a proporre il 15 novembre 2011 un progetto di regolamentazione che prevede la sospensione del rating per i Paesi sotto assistenza finanziaria, l'allungamento da 12 a 24 ore del periodo di avviso ai Paesi che sono stati degradati, la possibilità di fare causa per responsabilità civile alle agenzie per comportamenti scorretti e la rotazione ogni tre anni dei clienti per favorire la concorrenza nel settore.

I passi falsi. Oltre al downgrading degli Usa con un errore di 2mila miliardi di dollari nelle stime di riduzione del debito Usa contestato dall'ammnistrazione Obama o ai rating di banche come Lehamn Brother che erano ai massimi poco prima di fallire o a pacchetti finanziari tutti a tripla A con dentro i mutui subprime, va ricordato il buon rating tripla A di Enron da parte di tutte e tre le big (poi fallita nel 2001) o il maramaldesco downgrading della nuova Tunisia democratica il giorno dopo la cacciata di Ben Alì fatta da S%P's e Fitch, un episodio grave come ricordato da una pregevole analisi da Odile Benyahia-Kouder.

Il caso greco. Un'inchiesta del New York Times ha messo in luce l'estrema cautela di Moody's nel decidere il dowgrading del debito di Atene che da tempo mostrava segni inquietanti. Ai primi dicembre 2009 un report di Moody's scriveva ancora che i «timori degli investitori sulla Grecia era malposti». Venti giorno dopo l'agenzia americana operava il downgrading arrivando addirittura dopo un articolo del Sole 24 Ore che il 20 novembre 2009 in prima pagina («Troppi debiti, trema la Grecia») metteva in allerta i lettori sul rischio sovrano greco.

Un allarme più tempestivo da parte di un agenzia specializzata avrebbe potuto ridurre il flusso di soldi degli investitori verso la Grecia che oggi ha un debito di 357 miliardi di euro (pari a 30mila euro pro capite) ed evitare il super haircut del 50% deciso il 26 ottobre a Bruxelles dai capi di Stato e di Governo della Ue e che oggi costerà 100 miliardi di euro di perdite secche nei bilanci della maggiori banche del mondo raccolte nell'IIF guidata da Charles Dallara.

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