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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2013 alle ore 08:45.

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Il Governo indiano si appresta a frenare le importazioni di apparecchiature elettroniche con il triplice obiettivo di contenere il deficit commerciale, stimolare l'industria domestica ed esercitare un controllo più stretto sulla sicurezza delle proprie reti. Le nuove regole sono ancora in forma di bozza e suscettibili di cambiamenti, ma secondo fonti citate dal Wall Street Journal dovrebbero essere finalizzate in tempi brevi.

In base al provvedimento, aziende pubbliche; aziende private concessionarie di licenze (come le società di telecomunicazioni) e aziende fornitrici di soluzioni tecnologiche integrate (come i grandi consulenti tipo Ibm) saranno tenute ad acquistare localmente dal 30 al 100% di alcune categorie di prodotti come computer, telefoni, stampanti, switch e router. I vincoli potrebbero essere estesi anche a parti della componentistica, dai dischi rigidi ai semiconduttori.

L'introduzione delle nuove regole costringerebbe alcune delle più importanti aziende tecnologiche del mondo - da Cisco a Dell, da Nokia a Ericsson, da Ibm a StMicroelectronics - a rivedere i propri piani di crescita in India. Alcune di queste società sarebbero costrette ad ampliare i propri stabilimenti indiani e altre a impiantarne ex novo o rassegnarsi a diventare dei player marginali. L'introduzione delle nuove regole dovrebbe avvenire in modo graduale e terrà conto dei limiti strutturali dell'industria indiana dell'It che è carente in alcuni settori e del tutto assente in altri.

In un comunicato il ministero delle Comunicazioni e dell'Information technology ha spiegato che, in ottemperanza alle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, le restrizioni alle importazioni sono dettate da ragioni di sicurezza nazionale. Il tema dei rischi connessi all'impiego di componentistica straniera, nella fattispecie di aziende cinesi come Huawei e Zte, all'interno di infrastrutture strategiche come le dorsali di comunicazione è da tempo ben presente nel dibattito politico indiano. La paura è che, in caso di un nuovo conflitto con la Cina (Pechino ha inferto a New Delhi una pesante sconfitta militare nel 1962), l'India sarebbe particolarmente vulnerabile a un attacco informatico.

Le ragioni per le nuove restrizioni all'import potrebbero però essere più complesse. L'economia indiana sta attraversando una fase di rallentamento della crescita, passata dal 9% e oltre della seconda metà dello scorso decennio al 5,3% dell'ultimo trimestre del 2012. Un dato che risente anche di un settore manifatturiero ancora poco sviluppato (contribuisce al 16% del Pil), ma che potrebbe trarre giovamento dalla nascita di nuovi stabilimenti per produrre quel tipo di tecnologia che sta diventando una delle principali voci dell'import indiano, con ricadute pesanti sul deficit commerciale del Paese.
marco.masciaga@ilsole24ore.com

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