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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 08:58.

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Pistorius tra atletica e calcio: «Il mio Sudafrica è pronto, sarà un bel mondiale»Pistorius tra atletica e calcio: «Il mio Sudafrica è pronto, sarà un bel mondiale»

Nelson Mandela, ovviamente. Charlize Theron, in modo altrettanto evidente. Ma nessuno si sorprenda se, almeno per noi, il vero ambasciatore del Sudafrica nel mondo è lui. Oscar Pistorius, 24 anni, di Pretoria, l'uomo che senza gambe e a colpi di protesi di titanio vuole riscrivere la storia dello sport olimpico e paralimpico. Per lui i soprannomi si sprecano: da "Blade Runner" a "la cosa più veloce senza le gambe". Altrettanto lungo l'elenco di medaglie che questo campione, nato senza peroni e con una grave malformazione che ne causò l'amputazione dei piedi ad appena 11 mesi, ha collezionato: basti pensare agli ori sui 100 metri ad Atene 2004, e a quelli sui 100, 200 e 400 a Pechino 2008. Quella che avrebbe dovuto essere la "sua" Olimpiade, dopo una lunga battaglia legale che gli garantì il diritto di gareggiare con i normodotati sui 400 metri. A mancare non fu la volontà, quindi, ma il cronometro, cioè il tempo di qualificazione minimo richiesto dalla federatletica sudafricana.

Normale quindi chiedere – a chi ha rivoluzionato lo sport mondiale – il valore dei Mondiali che stanno per iniziare, per il Sudafrica, l'Africa, lo sport internazionale.
«Sono un grande appassionato di calcio! Le mie squadre preferite? La nazionale sudafricana, i "Bafana Bafana", i nostri ragazzi, ovviamente! E poi il Manchester United e, in Italia, la Lazio!», ci confessa Pistorius – che da bambino ha giocato anche a soccer e rugby - al telefono da Grosseto, che è il suo abituale buen ritiro estivo, dove mette a punto la stagione dei grandi meeting col suo coach italiano Andrea Giannini.

Da Grosseto al sogno olimpico di Londra 2012. Il salto è grande, ma è quello l'obiettivo da raggiungere, vero?
«Sicuro! Le olimpiadi sono il mio grande traguardo. Nel 2008 ho lottato, in pista e fuori , per meritarmi una possibilità. Ho accarezzato l'idea di correre insieme agli atleti normodotati, ho fatto una grande paralimpiade. Stavolta voglio centrare il mio obiettivo. Perché la scelta di Grosseto? Con Andrea lavoro ottimamente, qui la gente è amichevole, il clima ottimo e ci sono tutte le strutture per preparare al meglio una grande annata».

Obiettivi stagionali?
«Sto imparando molto con l'età, con l'esperienza. Voglio fare poche gare, ma di qualità. Perciò sto scegliendo con cura i meeting cui partecipare, con l'idea di essere al massimo per i mondiali paralimpici in programma in Nuova Zelanda. Sto lavorando duro su 100 e 200 metri. Molti pensano che il 2010 e il 2011 siano anni di transizione, in prospettiva olimpica. È sbagliato: quello che si farà in questo biennio sarà fondamentale in vista di Londra 2012».

Il conto alla rovescia è agli sgoccioli: i mondiali di calcio sudafricani stanno per iniziare. Siete pronti?
«Siamo pronti e assolutamente entusiasti. La gente ha voglia di far festa, di fare una bella figura, di far vedere al mondo cosa siamo capaci di fare. Sono stato coinvolto in alcune iniziative e ho lavorato in contatto col comitato organizzatore. Abbiamo fatto un bel lavoro».

Sicurezza, trasporti. I problemi da risolvere sembrano ancora molti…
«Credo che il buonsenso sia più che sufficiente per evitare pericoli. Ci sarà molta polizia in servizio, ma la cosa migliore è conoscere, informarsi, avere consapevolezza di luoghi, persone e incontri per non correre rischi inutili. Il vero pericolo non è il crimine, ma l'ignoranza».

Il Mondiale in arrivo è un esame o un'opportunità?
«Entrambi le cose. Ma soprattutto è l'occasione per far vedere che anche a queste latitudini si possono fare le cose in grande e per bene. L'atmosfera è eccitante, la gente disponibile. Ogni grande manifestazione sportiva ha l'obiettivo di ricordarci quanto sia bello e importante essere tutti uniti insieme. Pensate quanto questo possa essere essenziale in un paese come il nostro, con la sua storia travagliata e la sua realtà mutietnica».

E crede che la Coppa possa lasciare un'eredità positiva anche all'intero movimento sportivo sudafricano?
«Credo proprio di sì. Le cose stanno già cambiando. Il nostro sistema si sta aprendo e sta andando incontro anche alle persone più povere. Del resto quando gareggi non stai a pensare a ciò che ti divide dal tuo avversario, ma a ciò che ti unisce: il desiderio di primeggiare, di gareggiare regolarmente, di vincere. E le nostre giovani generazioni si stanno aprendo a questi insegnamenti».

Il suo Sudafrica è quindi pronto per ospitare la Coppa del Mondo di calcio. Crede che nel 2012 il mondo sarà ugualmente pronto a vederla gareggiare fianco a fianco con atleti normodotati?
«Sicuro! Ne sono certo! Non ci sarà bisogno di tornare nelle aule di un tribunale. Basterà dare il meglio in pista: Io sono già pronto. Quando cominciamo?»

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