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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 16:50.
Nel calcio i paesi "poveri" (o emergenti) battono quelli ricchi. È la conclusione a cui è giunta la società di revisione PricewaterhouseCoopers nel suo dossier intitolato "Che cosa può dirci l'econometria sulla performance ai Mondiali di calcio?", che spiega l'assenza di un nesso significativo tra livello medio di reddito e le vittorie mondiali. In base all'attuale classifica mondiale Fifa e alla performance storica ai mondiali il Brasile è favorito per la vittoria finale, mentre per l'Inghilterra sarebbe un buon risultato superare i quarti, sostiene lo studio di Pricewaterhouse.
I paesi dell'America Latina, il cui reddito è relativamente basso, hanno infatti spesso eguagliato o superato i più ricchi avversari europei, in particolare quando i mondiali si sono disputati in un paese latinoamericano. Il vantaggio di giocare in casa e la forza delle tradizioni calcistiche, inoltre, possono rivelarsi determinanti per vincere i mondiali (i paesi europei hanno vinto i mondiali solo quando la competizione si è disputata in Europa, mentre le squadre latinoamericane hanno vinto tutte le Coppe del mondo svoltesi nelle Americhe).
Al contrario, la dimensione della popolazione ha una certa incidenza sulla performance ma non è statisticamente rilevante. L'Argentina, per esempio, in alcune occasioni ha eguagliato il Brasile pur avendo solo un quinto della sua popolazione. Anche paesi relativamente piccoli come l'Uruguay, la Svezia e la Croazia sono riusciti a tenere testa a nazioni ben più grandi, in particolare quando giocavano in casa o in paesi vicini. «I paesi con una radicata cultura del calcio e un appassionato seguito nazionale possono battere le grandi potenze economiche mondiali. Le capacità calcistiche di base si possono affinare in mezzo ai vicoli come nei costosi centri sportivi», dice John Hawksworth di PwC.
Rispetto al Brasile, per esempio, gli Usa giocano ben al di sotto delle aspettative dettate dalle dimensioni della loro economia o popolazione. Questo perché in Brasile il calcio è sport nazionale, mentre negli Stati Uniti sono più popolari sport quali il football americano e il baseball. La Cina e l'India sono esempi ancora più eclatanti di scarsi successi ai mondiali di calcio rispetto a una popolazione che supera il miliardo di persone e a un'economia in rapida crescita. L'India preferisce dedicarsi al cricket, mentre la Cina ha privilegiato gli sport che promettevano il maggior numero di medaglie d'oro alle Olimpiadi di Pechino del 2008.
Nella storia dei Mondiali di calcio le nazioni ospitanti hanno vinto sei titoli su 18, e anche quando non sono riuscite ad alzare la coppa solitamente si sono battute strenuamente. L'Inghilterra e la Francia hanno vinto i mondiali solo quando hanno giocato in casa, mentre paesi più piccoli come l'Uruguay (che nel 1930 vinse in casa il primo campionato mondiale di calcio della storia), la Svezia (giunta in finale in casa nel 1958) e la Corea del Sud (che nel 2002 batté l'Italia e arrivò alle semifinali) hanno tutti superato le aspettative quando hanno ospitato i mondiali. La performance relativamente modesta della Spagna, quando il paese fu sede dei mondiali nel 1982, rappresenta una delle eccezioni piuttosto rare a tale regola.