Mondiali di calcio Sudafrica 2010

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Il popolo ha già scelto: la star è il vecchio Pibe

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 15:18.

PRETORIA - Come ad ogni allenamento, la tribuna del college universitario di Pretoria è un mare bianco e azzurro, è un formicaio di parrucche colorate, di cappelli a forma di coppa del mondo, di bandiere immense come lenzuola, e neppure uno spillo di spazio per muoversi. I tifosi dell'Argentina, o meglio di Maradona, non sanno resistere: arrivano con anticipo all'allenamento della loro nazionale. Anche oggi, meno 2 giorni all'esordio, un'ora prima della seduta dei ragazzi della Albiceleste, i cancelli sono già chiusi. Non si passa. Dentro ci sono 5mila tifosi e, per ragioni di sicurezza, non entrerà nessun altro. Anzi sì, solo Roberta, 20 anni, perché certe scollature possono più di un pass. Tutti vogliono vedere la squadra che tremare il mondo fa, la squadra che i bookmakers danno fra le favorite per la finale dell'11 luglio.

I volontari e la polizia, dall'interno, negano ogni possibilità alle centinaia di persone che vorrebbero vedere le magie di Lionel Messi e le tattiche di Diego. Ci sono cinque ragazze che vengono da Mar del Plata e non si danno pace, vanno da un angolo all'altro dell'enorme cancellata: hanno tutte la maglia numero dieci, quella di Diego. Ci sono tanti sudafricani, giovani soprattutto: sono neri, con la maglia dell'Albiceleste e le vuvuzela già colorate con i loro nuovi colori del cuore. Maradona, istrione com'è, li ha rapiti appena sbarcato a Johannesburg: «Amo il Sudafrica», ha detto.

Le mezze misure a Diego non sono mai piaciute: eccessivo in tutto, per questo lo amano e lo seguono: «La squadra la comunicherò solo poco prima dell'inizio del torneo - ha esordito, sfrontato, alla prima conferenza stampa mondiale -. Ho 23 belve disposte a lasciare il cuore sul campo. Sono felice per come vanno gli allenamenti, e di dividere ogni momento con i ragazzi, visto l'affetto con cui ci hanno salutato i tifosi». Come non amare uno così? I soloni del pallone, invece, credono che proprio l'ex Pibe de oro sia il tallone d'Achille della squadra, ha convocato più di cento giocatori in un anno. Ma gli esperti di calcio non contano, perché il calcio non è equazione, è sogno. La verifica sono i cinquemila tifosi della tribuna di Pretoria e gli oltre trecento giornalisti che la nazionale si porta al seguito.

I tre portieri si allenano in un angolo; a centrocampo gli altri venti, pettorine arancioni o tuta blu. Il mister li incita, si sbraccia, fischia, ha la barba sfatta e tutta la gestualità che Napoli gli ha lasciato in eredità. Dagli spalti solo il suo nome, quasi accarezzasse ancora il pallone, invece dei giocatori.

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Tags Correlati: Albiceleste | Argentina (squadra) | Barcellona | Carlos Biliardo | César Menotti | Claudio Gentile | Lionel Messi | Manchester City | Maradona | Messico (squadra) | Napoli (squadra) | Pibe de oro | Pretoria | Sport | Sudafrica (squadra)

 

Come fa Lionel Messi, quando il torello finisce e inizia la partitella di allenamento. Lo schema è quel 4-4-2 che Maradona ha detto di ereditare dalle due Argentine campioni del mondo: più offensiva quella di César Menotti nel 1978, più guardinga quella di Carlos Biliardo che riportò la coppa a casa da Messico 1986. Tra gli arancioni Messi, Tévez e Milito: evviva la sfrontatezza. I tifosi gradiscono e Maradona è di nuovo il loro idolo. Trotterella a centrocampo, fiato non ne ha, avvolto in una giacca antivento così lunga da sembrare un premaman, ma poco conta. Valgono le sue idee tattiche, le reti di Carlitos che ha preso le misure al calcio mondiale con gol pesanti al Manchester City e le dolcezze della pulce atomica, testa alta e passaggi da antologia. Perché, per lui, l'aria non esiste: il pallone è sempre incollato al piede, è il suo piede. Ha 22 anni, la stessa età di Diego quando giocò il Mundial e ne prese così tante da Claudio Gentile da perdere le staffe. Lionel non ha lo stesso caratteraccio ma i tifosi lo aspettano: perché così pochi successi in Nazionale e così tanta morbidezza con la maglia del Barcellona?

Si accendono i fari ed esce il faro di questa Argentina: troppo talento ha Messi per fermarsi a provare tiri e punizioni, la bellezza (quella che tra sponsor e stipendio gli vale 33 milioni di euro all'anno) va tenuta cara. L'ovazione vera non è per lui, che i gol li farà di sicuro, ma per il ct: i tifosi - giovani e non - lo seguono con urla, strepiti e trombette fino a quando lo spogliatoio lo inghiotte.

E pace se i bookmakers, oltre a puntare sulla finale dell'Argentina, si permettono di inventare una scommessa sulla pancia di Maradona (che dimensioni avrà a fine torneo?): tutta invidia per questa star straripante. Per una Albiceleste come non si vedeva da vent'anni a questa parte. Lo sa anche Diego, picaresco, ma saggio quando serve: «Con l'aiuto di Dio faremo un grande Mondiale, questa nazionale merita la finale». A dio piacendo.

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