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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2010 alle ore 15:09.
L'Argentina, una delle candidate alla vittoria finale, ha mostrato al mondo l'enorme potenziale di cui dispone ma non è riuscita a nascondere le proprie debolezze.
La nazionale argentina ha interpreti dotati di tecnica, alcuni eccellenti, personalità, alcuni anche troppa, e la famosa garra, sinonimo di corretta cattiveria per il raggiungimento dell'obiettivo.
Accanto ai giocatori di eccellenza come Messi, Tevez, Di Maria (potenzialmente), Milito, ci sono altri campioni abituati a grandi platee e a grandi risultati.
La partita contro la Nigeria conferma tutto ciò e permette a Maradona di esultare e di riflettere. I suoi giocatori hanno giocato a un ritmo troppo basso per non far pensare a una preparazione superficiale e le tante occasioni non nascondono i problemi che a mio parere sono Veron e una difesa scoperta e con tecnica individuale approssimativa.
Una squadra con poco equilibrio e soggetta a subire l'uno contro uno da parte dei difensori esterni per la poca propensione ad aiutare i compagni di Di Maria e Tevez.
I cinque difendenti principali (quattro difensori e Mascherano) sono poco aiutati dagli altri cinque, le occasioni avute dai nigeriani sono arrivate dalla zona difesa da Rodriguez, un centrocampista del Newcastle che Maradona fa giocare terzino destro e che è facile saltare in dribbling.
In fase offensiva ho notato un tentativo interessante: quando la palla arrivava a Veron, Messi o Tevez andavano incontro cercando di farsi seguire dagli uomini della linea difensiva nigeriana, e permettere così a Higuain di allungare la squadra e creare spazio fra le linee dove poter puntare la fragile difesa (ho contato questo movimento sette volte).
Non deve però passare in secondo piano la vittoria che permette all'allenatore di essere più sereno e, dopo averla rivista, di lavorare sugli errori commessi (alcune volte vincere giocando male può essere più produttivo che vincere e convincere).