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Tutta l'Italia si dà appuntamento a Nelspruit, ma a festeggiare sono i tifosi degli All Whites

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 18:45.

Sventolano le maglie bianchissime dei tifosi degli All Whites come avessero vinto il mondiale. Tutti a torso nudo in un pomeriggio non proprio tiepido. La Nuova Zelanda ha fermato sull'1 a 1 l'Italia campione del mondo. Per loro un altro pareggio storico, dopo quello contro la Slovacchia; per l'Italia un punto che serve a poco soprattutto perché il Paraguay ha vinto, segnato due gol alla Slovacchia e guida con quattro punti il girone F.
Si è scomodato perfino il presidente della Fifa, Sepp Blatter, per gli azzurri, che hanno giocato con il lutto al braccio per ricordare Roberto Rosato, stopper dell'Italia del '68 e del ‘70.

Tutta l'Italia si è data appuntamento a Nelspruit. Gli striscioni sono un giro d'Italia da Salerno a Casarano, da Nocera Superiore a Verona, fino all'Irpinia. C'è tanta Italia allo stadio Mbombela di Nelspruit: «un piccolo luogo per un grande incontro di persone», come dice il nome dell'impianto. E gli italiani sono venuti da Johannesburg, da Pretoria, da tutta la regione del Mpumalanga, da Maputo, dove lavorano perlopiù nel terzo settore.

Lippi propone la stessa squadra di Città del Capo schierata con il 4-4-2. I neozelandesi freddano subito la partita. Al 7' del primo tempo Shane Smetlz mette il pallone alle spalle di Marchetti dopo un errore di Cannavaro. L'attaccante neozelandese aveva segnato contro l'Italia anche lo scorso anno in Confederation Cup. Un habitué contro l'azzurro, un habitué in genere: conta trenta presenze in Nazionale e 17 gol. L'Italia non è prolifica ma non si disunisce: ci prova Montolivo con una punizione che attraversa tutta l'area e si ripete con un palo pieno al 27', ci prova anche Zambrotta con un tiro dal limite di poco lontano dall'incrocio. Poi, il rigore su De Rossi. Tutta la panchina salta per aria: Iaquinta spiazza il portiere e De Rossi gli canta in faccia mimando con le mani la forma della vuvuzela. Uno a uno e finalmente si sentono i tifosi italiani: l'urlo Italia, Italia sovrasta il noioso incubo delle vuvuzela. Dura poco, gli azzurri tengono palla ma tirano poco in porta con Giardino fuori da ogni azione e il pubblico preferisce la ola. Il tempo si chiude con un destro potente di De Rossi dal limite che il portiere non trattiene. Poco gioco, tanti tiri, solo un gol.

A inizio ripresa Lippi cambia: dentro Di Natale e Camoranesi per Giardino e Pepe. Cerca velocità, gioco, idee. Non si vede quasi nulla, nebbia fitta. Tanta fatica per nulla. Anche l'ingresso di Pazzini per Marchisio non cambia la partita. Qualche tiro da fuori, la mira sbagliata. Possesso palla, certo, poca luce, troppi palloni alti, perfetti per quegli stangoni dei kiwi. Ultimi brividi nei dieci minuti finali: un rasoterra di Wood fuori di poco, un destro da trenta metri di Camoranesi e uno di Pazzini.

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Per il resto, Lippi nervoso si continua a sistemare gli occhiali ma è davvero finita: 1-1. I neozelandesi improvvisano un allenamento post partita e festeggiano coi tifosi, che non lasciano lo stadio: We're ready now urla uno striscione degli All Whites.
Doveva essere la gara del rilancio dell'Italia dopo gli stenti di Città del Capo, doveva essere la gara della risurrezione. Nulla, neppure il nome della terra che ha ospitato la partita ha portato bene: Mpumalanga significa «la terra dove sorge il sole».

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