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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011 alle ore 12:42.
Il nord Africa da decenni ha un ruolo fondamentale nell'approvvigionamento energetico dell'Italia. In quell'area Eni è attiva, senza interruzioni, dagli anni '50. Un dato su tutti rende il quadro più chiaro. In Libia, oggi teatro degli scontri tra i sostenitori del colonnello Muammar Gheddafi e gli insorti, e in Egitto Eni è il primo produttore internazionale di idrocarburi ed è presente, rispettivamente, dal 1959 e dal 1954. Più in generale, la produzione del cane a sei zampe nell'Africa settentrionale nel 2009 è stata pari a 573mila barili di idrocarburi (petrolio e gas) al giorno (a cui si possono aggiungere i 360mila giornalieri barili prodotti in Angola, Congo e Nigeria), a fronte dei 1.769.000 prodotti in tutto il mondo. Nel 2010 la produzione ha raggiunto i 980mila barili in Africa e superato quota 1.800.000 nel mondo (Fonte: Eni).
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L'ad di Eni Paolo Scaroni ha spiegato che in Libia la produzione, in condizioni normali, è di circa «280mila barili, molti dei quali sono gas, mentre in questo momento se ne stanno producendo circa 120mila. Abbiamo dovuto ridurre le produzioni anche perchè i nostri dipendenti libici erano tornati a casa. Senza di loro è difficile tenere in funzione i campi ed è difficile anche immaginare quando la situazione tornerà alla normalità». E in relazione alle forniture e alla temporanea chiusura del gasdotto libico GreenStream, Scaroni ha detto che non c'è alcun problema «perchè siamo alla fine della stagione, in tutta Europa c'è gas in abbondanza e sono state aumentate le forniture da Nord e da Sud». Attualmente, circa il 13% del gas che viene importato nel nostro paese arriva dalla Libia, mentre il 34% proviene dall'Algeria e il 30% dalla Russia (Fonte: Iefe Bocconi). Inoltre, importiamo gas in percentuali più ridotte dalla Norvegia e dall'Olanda. Inoltre, ben il 23% di tutto il petrolio che si consuma in Italia arriva dalla Libia (dalla Russia, secondo importatore di petrolio nel nostro paese, ne arriva il 16% del totale). «La situazione libica è particolarmente delicata anche perchè gran parte delle risorse naturali si trovano nelle zone limitrofe a Tripoli e a Bengasi, l'una controllata da Gheddafi, l'altra dagli insorti. Pertanto, qualora gli scontri dovessero protrarsi, le due fazioni potrebbero dividersi la gestione delle fonti energetiche, con il rischio di una modifica del flusso delle forniture che abbiamo conosciuto fino ad oggi», spiega Marzio Galeotti, professore di Economia dell'ambiente e dell'energia presso l'Università degli studi di Milano e direttore del centro di ricerca sull'economia e la politica dell'energia e dell'ambiente (IEFE) dell'Università Luigi Bocconi.