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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2012 alle ore 17:29.

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Siamo patetici, noi italiani. Soprattutto nel ciclismo dove ci crediamo sempre i primi della classe. Gli eredi naturali della Tradizione. Così ogni volta che alla Sanremo vince un signor nessuno, che poi tanto nessuno non è ma viene dall'Australia o da qualche altro continente, allora attacchiamo col nostro repertorio di luoghi comuni da Libro della Giungla. Mica male questi canguri… ci sanno fare…. E da dove sbuca questo tipo? Guarda un po! E dal 2008 che non vinciamo più una classica… Roba da matti: il mondo si è proprio capovolto….

Nel 2011 è andata così con Matthew Goss, giovane talentuoso abile a spuntarla in volata. Sabato scorso con Simon Gerrans, anche lui australiano, anche lui non accreditato da nessuno, anche se nel curriculum brillano tappe al Giro d'Italia, al Tour e alla Vuelta.
Gerrans, che non è più di primo pelo, avendo 31 anni, ha centrato l'obiettivo con l'astuzia del campione consumato: lasciando che la concorrenza (Cancella e Nibali) si facesse un mazzo così. E poi mettendoci il carico da undici dove i rivali sono più vulnerabili: cioè allo sprint. Un capolavoro d'astuzia e di freddezza, quello di Gerrans. Sia quando ha ripreso Nibali sul Poggio, sia quando nel finale si è incollato alla ruota di Cancellata, Vai avanti tu, che a me vien da ridere.

E infatti Gerrans, al tragurdo, ha saltato via Cancellara come un birillo. Bravo, bravissimo, l'australiano. Un po' testone lo svizzero che, ormai, ha fatto l'abbonamento al secondo posto. Che comunque è sempre meglio di un calcio nel sedere Quanto a Nibali, chiudiamola qui: Vincenzo è scattato nel punto migliore, se poi gli altri due lo hanno ripreso, mettiamoci il cuore in pace. Nibali è più da Grandi Giri che da classiche. Dove erano quelli che lo contestano? Lui almeno ha messo la faccia al vento. Spiace per Sagan. Sarà un fenomeno, questo slovacco, però sul Poggio ha perso l'attimo fuggente. Avrà altre opportunità.

Ma torniamo all'inizio. Cioè al nostro stupore perché non vinciamo più. Ma perché ci stupiamo? Questo è il nuovo ciclismo che avanza: facciamocene una ragione, Gerrans non viene da un atollo sperduto, non è un aborigeno con la sveglia al collo ma corre per la Green Edge, cioè la stessa squadra di Goss, una multinazionale da paura che investe nel ciclismo decine di milioni di euro Da un pezzo non siamo più l'ombelico del mondo. Pantani è stato l'ultimo, nel bene e nel male, a lasciare un segno profondo. Poi tutto si è mischiato, globalizzato. Russi, americani, australiani, inglesi, perfino un cinese come si è visto alla partenza della Sanremo. Multinazionali che investono nel ciclismo e dal ciclismo vogliono un congruo ritorno.

In Italia, se si tolgono Liquigas e Lampre, siamo indietro. E siamo piccoli, molto piccoli, come tutte le imprese italiane. Ci restano dei bravi artigiani, ottimi costruttori, grandi maestri. Ma è un made in Italy che la concorrenza straniera, dopo averne copiato l'originale, sta rimettendo in circolo con energie più fresche e investimenti più massicci. La Green Edge, , la squadra di Gerrants e Goss, fa base a Gavirate in provincia di Varese. E Cadel Evans, vincitore del Tour e australiano pure lui? Vive sul Lago Maggiore, ha sposato un italiana, ed ha imparato il mestiere alla scuola dei grandi maestri italiani, in particolare la Mapei di Aldo Sassi.
E Mark Cavendish? Alla Sanremo gli è andata storta, ma resta campione del mondo. Anche lui, ciclisticamente, si è svezzato in Toscana, alla cattedra dei nostri grandi docenti.

Insomma, abbiamo fatto scuola, ma non sappiamo più investire e vincere. E gli studenti,che vengono dagli altri paesi, ci rubano il mestiere e ce le suonano di santa ragione. E poi, per consolarci, ci ripetiamo le vecchie favole. Dài, nonno, raccontaci ancora come era bello il Mulino Bianco del ciclismo italiano…

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