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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2013 alle ore 13:20.

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Signor Presidente del Consiglio, Autorità, cari colleghi
abbiamo vissuto i dodici mesi trascorsi dalla mia prima Assemblea con ansia e preoccupazione, a tratti con angoscia per le sorti del nostro Paese. Con il passare delle settimane si è quasi perso il senso di futuro, di speranza, materia prima vitale per tutti.
L'Europa si è fermata.

Ovunque la crisi e le ricette adottate per fronteggiarla hanno aggravato la recessione, alimentato populismi e diffuso soluzioni demagogiche.
Anche la Germania, che si sentiva immune da tutti i mali, fiera della solidità del proprio Stato e della propria economia, appare meno certa del proprio futuro e della austerità imposta.

Oggi, la sensazione di aver intrapreso una strada troppo ripida induce anche i più duri sostenitori del rigore a correggere le proprie convinzioni.
In Italia la forte instabilità istituzionale e politica e la costante emorragia di posti di lavoro e di imprese che chiudono hanno segnato la cronaca di tutti i giorni.
Il Paese si è trovato soffocato in una duplice stretta.
Da un lato, il disagio sociale ed economico ha alimentato una rabbia diffusa contro la politica e le istituzioni, considerate colpevoli di non saper affrontare la situazione, incapaci di avere visioni grandi, come di fornire soluzioni piccole, ma concrete.
Dall'altro la politica invece di rispondere con uno scatto di orgoglio e rinnovamento, si è persa in tatticismi, sprecando tempo ed energie preziosi in questioni marginali per il benessere dei cittadini.
Abbiamo perso tutti.

Per questo Signor Presidente del Consiglio, come cittadini e come imprenditori, Le rivolgiamo un accorato appello alla modernizzazione del Paese, alle riforme che non sono più rinviabili, inclusa la legge elettorale. Ne serve una che assicuri legislature piene e stabilità governativa.
Per trovare una via di uscita si è ricorsi ancora una volta alla saggezza del Presidente Napolitano, alla cui dedizione istituzionale va il nostro applauso più grande.
Alla Sua disponibilità tutti noi dobbiamo una riconoscenza particolare.
Dopo il nostro ultimo colloquio, con la concretezza di un uomo che ha servito per tutta la vita il Paese e sa distinguere ciò che è urgente e ciò che è importante, il Presidente ha lanciato un messaggio forte sul pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione : rimettiamo in circolo linfa vitale, onoriamo gli impegni con le imprese italiane.
Lo ringrazio ancora oggi per quel gesto.
La Sua determinazione ci ha ancor più motivati nella nostra azione e ha scosso l'apatia della macchina pubblica.
Sul piatto abbiamo quaranta miliardi da recuperare al più presto e siamo al lavoro sull'intero debito della PA.
Una vera e propria manovra finanziaria per le imprese, inattesa e che molti davano per persa. Non ce l'abbiamo ancora fatta . Non è perfetta. Lo so. Infatti siamo impegnati per migliorarla .
Con un'avvertenza.
Se per qualche ragione il nostro credito venisse usato per altri fini, chi ci governa sappia che il rapporto con gli imprenditori sarà compromesso irreparabilmente.
L'altro messaggio, forte, dal nostro sistema al mondo politico era di agire rapidamente nel dare un Governo al Paese, prima che la situazione precipitasse.
Sul fronte della politica sembra siglata una tregua.
Non quella solida, di cui l'Italia ha estremo bisogno e della quale confermiamo la necessità assoluta per affrontare i processi di modernizzazione che porterebbero il paese fuori dalla crisi.
Considerato l'esito elettorale e la stagione di conflitti che abbiamo alle spalle, il Governo in carica è un buon risultato e al Presidente del Consiglio, di cuore, gli auguri di buon lavoro.
Da parte nostra non smetteremo di incalzare Governo e Parlamento, con responsabilità e concretezza e di ricercare con le altre parti sociali il confronto per trovare soluzioni.
Non possiamo cedere al pessimismo o a divisioni figlie di interessi di parte, forse legittimi, ma che chiudono spazi di manovra già stretti.
Urgono interventi per alleviare la sofferenza sociale. Il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali è vitale.
Lasciamoci alle spalle i temi della contesa elettorale passata o, peggio, di quella futura e concentriamoci sulle politiche di ampio respiro necessarie a costruire il futuro del Paese.
Stiamo bruciando quanto di buono abbiamo saputo costruire nei decenni passati.
I danni che la recessione ha inferto al settore industriale sono gravissimi.
Tra il 2007 e il 2013 il PIL italiano è sceso di oltre l'8% ed è tornato ai livelli del 2000. Nessun altro paese dell'Eurozona sta vivendo una simile caduta, con l'eccezione della Grecia. La produzione è crollata del 25%, in alcuni settori di oltre il 40%. Negli ultimi cinque anni oltre 70mila imprese manifatturiere hanno cessato l'attività. La redditività aziendale è stata profondamente erosa.

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