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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 06:48.

L'era dell'artigiano digitalizzatoL'era dell'artigiano digitalizzato

Carlo Molteni, re del mobile della Brianza, passa da un briefing con i designer a una megariunione con gli esperti di materiali, i tecnici informatici, i maghi della domotica. Inevitabile: quando si tratta di arredare, chiavi in mano, il Posthaus Hotel di St. Moritz o il casinò di Campione o il quartier generale ginevrino della Merck Serono, nemmeno le idee di archistar come Norman Foster, Mario Botta e Ken Mackay, da sole, possono bastare. Bisogna coniugare le competenze, perché tutto deve funzionare alla perfezione, in uno straordinario intreccio di tecnologie: armadi, letti e scrivanie arrivano alla fine e sono il frutto di una molteplicità di input e di esigenze diverse.

Paolo Mariani, invece, produce macchine per il packaging, in prevalenza destinate ai big dell'industria alimentare. Adottando il basso profilo, ama definirsi un «sarto della meccanica». Sarà. Ma che meccanica: gli impianti che escono dalla sua azienda, a Carrè, in provincia di Vicenza, sono completamente automatizzati e sconfinano nella robotica, con soluzioni ingegneristiche, elettroniche, softwaristiche studiate dalla A alla Z dal team dell'ufficio tecnico interno. Conclusione: linee di imballaggio assolutamente personalizzate, realizzate su misura per le esigenze del cliente. Alta sartoria, appunto.

Altro giro, altro orizzonte. Massimo Rizzoli si occupa di conserve ittiche e sa tutto sulle acciughe. Ultima trovata: in collaborazione con i centri di ricerca universitari ha predisposto un kit rapido per misurare la percentuale di istamina – un pericoloso agente allergenico – presente nel pesce appena pescato. I suoi uomini partono dalla sede di Bologna e girano per i porti della Croazia. Ogni sbarco un controllo. Dopo due ore, risultati alla mano, si sa se le acciughe sono buone o no.

Si potrebbe continuare a lungo. È sufficiente leggere le storie raccontate in queste pagine. Vedere da quale mix di specialisti (matematici, fisici, informatici) nascono le giostre della Zamperla. Come il computer e i programmi tridimensionali aumentano la creatività dei tessuti offerti dal Lanificio Colombo. Come l'hi-tech ha trasformato persino la maniera di fare le scarpe.

Benvenuti nel made in Italy del Duemila. Nell'era dell'artigiano digitale. Una svolta epocale. L'ennesima rivoluzione industriale. Sarà stata la Grande Crisi, che ha imposto di rivedere l'organizzazione aziendale da cima a fondo, dal processo di ideazione dei prodotti al modo di comunicare con i clienti-consumatori. O la sfida internazionale, la necessità di sopravvivere di fronte all'avanzata di concorrenti agguerriti e sconosciuti. O semplicemente l'amore per il proprio mestiere, meglio, per la propria arte. Fatto sta che gli imprenditori, compresi i piccoli, indipendentemente dal settore, anzi, a partire da quelli operanti nei settori tradizionali, hanno capito la necessità di aprirsi alle nuove conoscenze, ai nuovi saperi scientifici e tecnologici.

Per carità, il cammino è ancora lungo. Per ora ci si è mossi empiricamente, spesso senza un disegno strategico chiaro, partendo dai problemi concreti: come contenere i costi, come personalizzare i prodotti, come migliorare l'assistenza post-vendita e così via. «Non è abbastanza introdurre aggiustamenti qua e là – sostiene Enzo Rullani, docente di Economia della conoscenza alla Venice International University –. Serve un riassetto globale del mondo imprenditoriale. Oggi si può essere competitivi e produrre valore solo impiegando in modo pervasivo l'information technology e le reti». Giusto. Ma le aziende leader, quelle che fungono da traino in ogni distretto, hanno già iniziato a muoversi in rete e sulla rete. Il mobiliere, il calzaturiere, il tessitore, fino a ieri tanto fieri quanto gelosi del proprio know-how, hanno perfettamente in testa che «The times they are a-changin'», i tempi stanno cambiando

Sposare alta artigianalità e alta tecnologia è il traguardo. Il sogno, non proibito. La partita sulla quale si gioca il destino del sistema Italia. I vari Molteni, Mariani, Zamperla, portatori nel loro campo di conoscenze uniche, affinate in decenni e in tre o quattro generazioni, con umiltà hanno ridisegnato la rotta, cominciando ad attingere a nuove conoscenze, a cercarle ovunque si trovino, anche all'altro capo del mondo. Vogliono provare a realizzare, nelle loro fabbriche, nel loro business, la perfetta sinergia fra teoria e pratica, manualità e automazione, ingegno personale e stimoli planetari. Esattamente quello di cui parla Richard Sennett quando descrive il suo «uomo artigiano». È l'Italia che va: orgogliosa delle tradizioni, ma capace anche di progettare il futuro.

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