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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 16:03.

"Viaggio nell'Italia che innova", ricerca sul campo promossa da Intel in collaborazione con Nòva, vuole raccontare come il tessuto industriale del nostro Paese sta mutando pelle, distretto per distretto, anche in settori maturi, grazie all'impiego sempre più avanzato dell'ICT. Un viaggio, appunto, dal tessile di Biella al calzaturiero di Macerata, dai mobilifici della Brianza alle aziende della meccatronica di Vicenza; contesti d'eccellenza dove oggi le nuove tecnologie dell'informazione e della conoscenza rappresentano le grandi protagoniste della svolta, il grimaldello per il salto di qualità. La vera leva competitiva per vincere sui mercati globali.
L'obiettivo è presentare esempi virtuosi e concreti di impiego di tecnologie nel business, nei processi, nei prodotti, per incentivare le tante piccole e medie imprese italiane a fare altrettanto e a muovere passi sempre più decisi sul terreno dell'innovazione. Per continuare a crescere e guardare con ottimismo al futuro.

Nel Biellese, terra di grandi telai e di prestigiose lavorazioni a mano, i tessuti di cashmere, adesso, si disegnano e nascono al computer. Poi, una volta in produzione, è sempre il computer a dominare: è lui a controllare la finezza del filo, le trame, i quantitativi da realizzare quotidianamente. In Lombardia, invece, i mobilieri della Brianza sono impegnati nella nuova frontiera: i configuratori virtuali. Per scegliere il salotto o la nuova cucina vengono effettuate decine di prove al video, montando e rimontando i pezzi di arredo. Da ultimo si chiede al cliente di "entrare" in casa e di vedere l'effetto che fa. Proseguendo verso Est, ci si imbatte nell'ennesima trasformazione delle imprese vicentine della meccanica, che dopo essere passate alla meccatronica ormai sono approdate all'infomeccatronica.

Obiettivo: sfornare impianti sempre più personalizzati, on demand, e assisterli in remoto anche se si trovano all'altro capo del mondo. Non finisce qui. Nelle aziende agroalimentari di Parma si moltiplicano i sistemi al laser e a raggi X tipo aeroporto, capaci di individuare e scartare automaticamente i frutti "contaminati" da insetti e residui di terra: la filiera, completamente tracciata con supporti informatici, non ammette errori. Spingendosi un po' più a Sud, lungo la costiera marchigiana, ecco spuntare i calzaturifici del just-in-time digitale: si inizia dal controllo delle vendite, giorno per giorno, negozio per negozio, e da lì si risale alla pianificazione della produzione e all'ottimizzazione delle scorte in magazzino.

È la rivoluzione dell'innovazione soft. Legata all'introduzione, in ogni comparto e in ogni fase di lavorazione, di dosi massicce di tecnologie informatiche. La vera cura ricostituente per il sistema Italia, la sola in grado di ridargli forza nella competizione globale. I profeti di sventura avevano già intonato il de profundis. Per il Paese, avviato verso l'inesorabile declino. Per l'intera industria manifatturiera, agli spasmi finali. Per l'insieme delle piccole e medie imprese, troppo fragile e perciò destinato a venire spazzato via.

Bene, dal «Viaggio nell'Italia che innova», effettuato da Nòva 24 in collaborazione con Intel, emerge una realtà molto diversa. Sei mesi a percorrere in lungo e in largo la penisola, a visitare decine di aziende, specie nei cosiddetti settori maturi, nei distretti roccaforte del made in Italy. Si scopre che gli imprenditori non sono affatto rimasti con le mani in mano. Hanno ricominciato a schiacciare l'acceleratore sul l'innovazione di prodotto, scommettendo sulla qualità, iniettando valore aggiunto e spostandosi nella fascia alta del mercato. E soprattutto hanno ripreso a studiare innovazioni di processo.

Per due anni gli economisti lo hanno ripetuto come un mantra: la crisi deve rappresentare un'opportunità di cambiamento, di crescita. Detto, fatto. E attenzione: siamo appena all'inizio. Ai primi segnali di riscossa. Certo, l'Italia continua a scontare un pesante gap di tecnologie, di ricerca, di investimenti. Ma le statistiche ufficiali, quando si parla dei nostri imprenditori, non la raccontano giusta. E poi gli stessi dati di Assinform, l'Associazione nazionale delle aziende di servizi di informatica e telematica, legata a Confindustria, appaiono incoraggianti. L'informatica in senso stretto (18,4 miliardi di giro d'affari complessivo) ha recuperato nel 2010 6,7 punti percentuali rispetto al meno 8,1 del 2009.

È aumentata del 2,8% la domanda di hardware, dello 0,6 quella di software, è cresciuto del 7,6% il fatturato dei servizi internet. Ancora: le vendite di pc hanno registrato un balzo in avanti del 15%, in pochi mesi sono andati a ruba 426mila tablet, 4 milioni sono gli smartphone in circolazione. Il fatto più importante, però, è che il 55% delle medie e piccole imprese ha deciso e annunciato di volere effettuare entro l'anno nuovi investimenti in progetti di information technology.

Il vento ha fatto il suo giro. Anche per chi produce scarpe e tessuti, gli imprenditori maestri del fai-da-te, i paladini dell'alto artigianato italiano, l'Ict non è più un vezzo, una roba per grandi gruppi, o peggio un costo da tenere sotto controllo. Oggi viene vista come autentico fattore critico di successo. Lo strumento indispensabile per attingere alla miriade di fonti di conoscenza disponibili, operare sui cinque continenti, continuare a innovare e a competere. In definitiva, per progettare il futuro. Mondo aspettaci, stiamo ritornando.

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