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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 19:29.

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Conti, racconti e reti socialiConti, racconti e reti sociali

Contare e raccontare. Immaginate di avere un archivio con 460mila documenti sulle spese dei parlamentari, incluse pagine con note scritte a mano. Ma non è una vetrina da guardare: i cittadini possono analizzare ogni testo, parola per parola. Poi segnalano dubbi e irregolarità. È l'esperimento lanciato due anni fa dal quotidiano inglese «Guardian», Mp Expenses, per collaborare con il pubblico online. Ha attivato un network operativo con i lettori su internet: per esempio, una persona da sola ha scandagliato finora 30mila documenti per trovare errori.

Il progetto è a metà strada: mancano ancora 234mila testi. Osserva Simon Rogers, reporter del «Guardian» e anima del Data Blog: «Finora il giornalismo è stato un processo unidirezionale e concluso all'interno di un articolo, ma adesso i lettori interagiscono: è un contesto molto più complesso, anche perché le persone sanno molto di più rispetto a noi».
Il Data Blog è ormai un punto di riferimento per una community globale di "data journalist" che alimenta una catena di montaggio dell'informazione. Cifre e parole frammentate nei documenti condivisi online sono il punto di partenza: diventano storie, racconti, narrazioni. Oppure mappe, infografiche, videogiochi. Rogers e i suoi collaboratori raccolgono le tabelle di dati da fonti di qualità, a partire per esempio dalle statistiche delle organizzazioni internazionali su salute, economia, ambiente. Dopo entrano in gioco i lettori: segnalano altre informazioni, scaricano pagine di cifre e costruiscono le loro rielaborazioni grafiche. L'intuito è decisivo per seguire un percorso.

«È importante guardare ai dati con occhi da giornalisti per capire qual è la storia che emerge dai numeri. E, soprattutto, bisogna superare la tradizionale paura e diffidenza per la matematica», aggiunge Rogers. In Gran Bretagna altri reporter sperimentano la creatività con le statistiche. E ampliano gli orizzonti della loro professione.
David McCandless è un giornalista. Dieci anni fa lavorava per un sito web. Decide di imparare a utilizzare gli strumenti del design digitale. Studia per due anni e impiega altri quarantotto mesi per trovare un suo stile personale. Pubblica le prime infografiche e le visualizzazioni. Il suo blog, «Information is beautiful», apre la strada a una ricerca condivisa con i lettori.

«Il data journalism ha mostrato che gli articoli sono un processo aperto e vivo, sostenuto dalla qualità dei contributi che arrivano dal pubblico. Ma non c'è sempre una storia nelle statistiche», osserva il giornalista-designer intervenuto alla conferenza Teradata. A settembre McCandless lancerà un libro aperto su internet: chiederà alla community del suo blog di proporre idee. Dalle discussioni emergeranno progetti grafici. E alla fine dell'esperimento descriverà l'esperienza nelle pagine di un'opera letteraria.

Conti, racconti e social network. La sfida è di narrare storie a partire dalle informazioni frammentate in micromessaggi che arrivano dalle reti sociali online in tempo reale. E possono diventare una valanga. Secondo ComScore in Gran Bretagna il 12% della popolazione frequenta Twitter, dove i testi sono limitati a 140 caratteri. E di recente la piattaforma inglese Tweetminster ha esplorato le relazioni di influenza nelle community di giornalisti e politici iscritti al social network.
La fotografia istantanea che emerge è una fitta rete di contatti che mostra quali sono le persone al centro dei flussi di comunicazione su Twitter: le matrici di dati ricavate dalla rete sociale online abilitano una visualizzazione che può mostrare, per esempio, gli snodi nel "traffico" di informazioni. La ricerca quantitativa si affianca alle analisi sulla qualità dell'informazione. Contare e raccontare.

LINKS

http://www.informationisbeautiful.net/

http://www.guardian.co.uk/politics/mps-expenses

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