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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2012 alle ore 15:57.

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Rientro a scuola in salsa hi-tech. Dopo anni di sperimentazioni, la tecnologia quest'anno è regina. Sono decine i progetti nati in tutto il territorio sull'onda della "scuola open". Dal libro elettronico fai-da-te alle lavagne interattive (Lim) a basso costo e open source. In più, oltre al programma ministeriale Classe 2.0 che obbliga ad avere una parte del libro scolastico in rete, la Regione Lombardia con il progetto Generazione Web ha stanziato un primo bando da quasi 9 milioni di euro e un secondo con altri quattro milioni. L'obiettivo è finanziare l'acquisto di tecnologia (tablet, pc, netbook, Lim) a famiglie e scuole. Ma se i ragazzi sono nel loro elemento, spesso insegnanti e genitori non sono a proprio agio con il mondo hi-tech.

Dietro la tecnologia, serve infatti la teoria. Il lavoro di studiosi come Paolo Ferri dell'Università Bicocca di Milano e Pier Cesare Rivoltella della Cattolica indicano che la strada da percorrere è soprattutto quella di un cambiamento culturale, di una formazione dei formatori. Alcune scuole ci provano: sempre in Lombardia l'Istituto professionale Ikaros è stata una delle prime a dare a tutti l'iPad. Altre scuole in Toscana, in Emilia Romagna, in Veneto, Liguria e Piemonte, si sono organizzate con netbook, tablet cercando soluzioni anche per la cultura dell'insegnamento.

«Noi siamo stati i primi a portare l'iPad in classe – dice Dianora Bardi, del centro studi Impara Digitale – e sogniamo una cloud school, una scuola che si collega in rete dove docenti e studenti interagiscono, collaborano, elaborano i propri ebook e li condividono, aprendo le pareti delle classi».
La novità di quest'anno, al di là delle mosse del ministero e della Regione Lombardia, è il movimento della "scuola open" che cerca di fare rete dal basso. Finora molti avevano agito a titolo personale: ora si organizzano, per cercare di dare consistenza ai progetti. Cresce ad esempio il ruolo di WiiLD, Wii Lavagna Digitale, la Lim open source costruita con pezzi della Nintendo e software free che costa un decimo di una Lim "di serie".

WiiLD è diventato un sistema operativo riusabile mentre dal gruppo è germogliato a Trento il LiTsA, il Laboratorio di innovazione tecnologica a supporto dell'apprendimento. Dando vita, spiega Matteo Ruffoni, uno dei fondatori di WiiLD, «a una mailing-list in rete che nel frattempo ha offerto supporto tecnologico e ospitato dibattiti a sfondo didattico-educativo, favorendo in questo modo l'aumento di consapevolezza nell'utilizzo dei mezzi tecnologici e l'emancipazione dalla dipendenza dai produttori "monopolisti" con il software libero».

I progetti di "scuola open" che sono nati negli ultimi tre o quattro anni in tutta Italia hanno cominciato a conquistare spazio. In Emilia Romagna si sono accesi punti di riferimento per la digitalizzazione dei contenuti per la classe pensati con WikiMedia, mentre nella Rete Civica di Milano sono ospitati libri creati a costo zero. Ancora, i materiali e le metodologie si strutturano in piattaforme per l'apprendimento, come quella in corso di sviluppo ad esempio in un istituto tecnico di Mantova. È innovazione che scaturisce da mille sorgenti diverse, è "scuola open".

«Se si digita Dante Alighieri su un motore di ricerca – dice Bardi – vengono fuori miliardi di risultati». Non basta dare la tecnologia alle classi, oltretutto costringendo le famiglie a ricomprare libri solo nuovi in formato digitale e a pagare la differenza tra i contributi e il prezzo finale di tablet e netbook. Serve cultura, formazione per gli insegnanti e servono risorse per l'educazione. «Noi ad esempio – dice Bardi – studiamo il metodo migliore per fare una scuola veramente nuova che faccia rete anche con la condivisione del materiale. Abbiamo classificato 3.700 siti web e li diamo a disposizione di chi li vuole». L'obiettivo? Aiutare il docente a non impazzire nel mondo della rete.

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