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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2013 alle ore 14:03.
Guai, per il Governo che verrà, a non fare dell'energia una priorità. Anche perché i fardelli sono ancora lì, pronti a frenare ogni nostro tentativo di ripresa economica e industriale: una dipendenza senza pari dall'import di petrolio e gas senza essere capaci di sfruttare le significative risorse nazionali, un fisco iniquo, una liberalizzazione ancora zoppa. Eppure la svolta è possibile. Perché qualcosa, anzi molto, si muove. Il mercato del gas si sta aprendo, le vistose penalizzazioni fiscali che sovraccaricano ulteriormente i costi energetici delle imprese potrebbero trovare una soluzione sull'onda dell'articolo 39 del secondo decreto sviluppo dello scorso anno.
Luci e non solo ombre nello scenario tracciato da Aurelio Regina, vice presidente di Confindustria con delega per lo sviluppo economico e l'energia. E sul capitolo cruciale dell'energia il Governo uscente "merita apprezzamento". La Strategia energetica nazionale, un documento quadro che manca da vent'anni, "traccia un buon percorso". Certo, non abbiamo il nucleare, peraltro in crisi in tutto il mondo. Usiamo poco il carbone, che aiuta a differenziare le fonti decongestionando i costi. Ma "esistono finalmente le condizioni per proporre al paese un approccio integrato e sinergico tra versanti considerati fino a ieri diversi, in qualche caso nemici: le rinnovabili, l'efficienza, la salvaguardia del patrimonio di generazione elettrica con le fonti tradizionali, gli ex monopolisti, i nuovi competitori".
Sinergie dove?
Nella gestione delle risorse idriche ad esempio. Il paese se ne sta finalmente occupando seriamente. L'Authority per l'energia ha avuto la competenza anche su questo settore, che presenta non poche criticità ma anche molti pregi e potenzialità, con un forte contenuto di tecnologia italiana. E in ballo ci sono tra i 60 e 70 miliardi di euro di investimenti che sistema dovrà attivare anche per non incorrere alle procedure e alle sanzioni comunitarie. All'orizzonte c'è un grande sforzo di modernizzazione. Lungo la strada già tracciata nel sistema elettrico, con un confronto competitivo tra molti gestori improntati a logiche sempre più industriali, orientate al mercato, attraverso società quotate votate alla remunerazione del capitale. Non a caso si sta aprendo un dialogo progettuale per l'adesione di un crescente numero di imprese dei servizi alla Confindustria. Una sfida simile a quella già aperta nell'elettricità e nel gas. Gas da cui dipende, va ricordato, il 60% della produzione elettrica italiana.
E che rappresenta il principale vincolo infrastrutturale per il nostro sistema energetico.
Ma anche la maggiore opportunità, grazie ai passi avanti che comunque abbiamo fatto. Il processo di liberalizzazione sta dando i suoi frutti e il sistema industriale italiano può già beneficiare della convergenza tra i prezzi nazionali del metano e quelli dei principali paesi europei. Tanto che sul versante dell'approvvigionamento all'ingrosso il problema dello spread gas è superato. Ora bisogna rendere questa convergenza strutturale. La separazione di Snam rete gas ha rappresentato un passo importante, ma ora va legata allo sviluppo e all'integrazione nel mercato europeo, dando sostanza al progetto dell'hub italiano del gas.
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