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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2013 alle ore 14:03.

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Nella foto Aurelio Regina, vice presidente di Confindustria con delega per lo sviluppo economico e l'energiaNella foto Aurelio Regina, vice presidente di Confindustria con delega per lo sviluppo economico e l'energia

Come?
Completando l'interconnessione fisica con le reti europee sia dal punto di vista delle infrastrutture sia sul piano commerciale. Ecco perché abbiamo chiesto all'autorità dell'energia e al governo iniziative più decise per armonizzare le tariffe di trasporto del gas tra gli stati membri. Sul gasdotto Transitgas che attraversa la Svizzera si sta procedendo rapidamente. Grazie alle iniziative prese dal ministro dello sviluppo Corrado Passera per aprire la capacità di interconnessione tra l'Italia e gli hub del Nord Europa, ci auguriamo che il progetto possa essere completato per il prossimo anno termico. Molto, moltissimo, si sta facendo per aprire il mercato interno degli stoccaggi. Rimane da completare la borsa del gas con un mercato a termine liquido, ma il quadro di sviluppo è ormai definito, nella consapevolezza che il gas si conferma per il prossimo ventennio la principale fonte in tutto il pianeta per la produzione di elettricità, anche grazie alle poderose disponibilità offerte dalla tecnica estrattiva dello shale gas.
Peccato che il sistema elettrico italiano stia pagando nuovi evidenti squilibri frutto proprio della liberalizzazione, con un'eccedenza di capacità produttiva che costituisce un po' paradossalmente una nuova mina alla competitività.
Pregi e difetti di uno senario in transizione. Nel 2003 il nostro paese era tristemente noto per i blackout diffusi. Adesso, sull'onda di investimenti per oltre 30 miliardi di euro in cicli combinati, abbiamo le centrali termoelettriche più efficienti d'Europa e più sostenibili sul piano ambientale. Abbiamo però sovrapposto un nuovo ciclo di investimenti da quasi 50 miliardi di euro di impianti da fonte rinnovabile. Purtroppo si è trattato di un processo mal governato. Le rinnovabili sono concentrate in ristrette aree geografiche, prevalentemente nel sud, con un'eccedenza di potenza installata rispetto alla capacità delle reti. Con un eccesso di energia che anche alla richiesta di punta raggiunge il 40%. Non riusciamo a consumare in modo efficiente mentre gli impianti termoelettrici, tra i migliori in Europa, sono in crisi e la loro chiusura potrebbe pregiudicare l'equilibrio del sistema. Tale situazione rischia, paradossalmente, di creare nuove inefficienze tecnico economiche che rischiano di ampliare il differenziale di costo dell'energia elettrica rispetto agli altri paesi europei già oggi del 30% e pregiudicando ulteriormente la competitività del sistema industriale.
Quali contromosse? Come correggere queste distorsioni?
Abbiamo chiesto e ottenuto dal governo e dall'Autorità per l'energia di agire su tre fronti. Una razionalizzazione degli incentivi alle rinnovabili sulla base del merito economico che in buona parte è stata fatta, la responsabilizzazione di tutte le fonti intermittenti riguardo ai costi del bilanciamento e della sicurezza del sistema. Si potrebbero ipotizzare nuovi meccanismi dispacciamento di merito economico per le fonti rinnovabili per integrarle meglio del mercato elettrico come avviene ad esempio in Spagna. Inoltre va fatta un'opera di responsabilizzazione del territorio anche sul piano economico, per quegli enti locali che si oppongono allo sviluppo delle infrastrutture energetiche (reti, sottostazioni) senza le quali l'uso efficiente di tutte le fonti di generazione rischia di essere penalizzato. Basti pensare al caso dell'elettrodotto di collegamento con la Sicilia, che intanto è costato in bolletta all'Italia continentale 500 milioni di euro solo nel 2012. O al blocco dei progetti per i nuovi rigassificatori.

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