Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2013 alle ore 14:03.

My24
Nella foto Aurelio Regina, vice presidente di Confindustria con delega per lo sviluppo economico e l'energiaNella foto Aurelio Regina, vice presidente di Confindustria con delega per lo sviluppo economico e l'energia

Resistenze pesanti, inutile nasconderselo. Si è tentato con i benefici e le garanzie locali, caso per caso. Si auspica a gran voce la correzione del titolo quinto della Costituzione riportando al centro i processi decisionali sulle infrastrutture. Cosa privilegiare?
La riforma del Titolo Quinto è diventata ineludibile. Il mercato, ma oserei dire l'intero scenario amministrativo italiano, ha assoluta necessità di certezza e stabilità delle regole, programmabilità e affidabilità degli investimenti, in un orizzonte definibile. Fermo restando che va perseguita ogni azione per favorire accordi sul territorio, anche caso per caso, progetto per progetto. Buoni segnali dal Governo uscente ne sono arrivati: si calcola che la recente introduzione dell'autorizzazione unica ambientale possa consentire alle imprese risparmi per almeno 600 milioni l'anno. Ma in gioco c'è un potenziale complessivo di investimenti tra i 30 e 40 miliardi di euro. Niente male considerando l'effetto moltiplicatore che tutto ciò potrebbe avere sull'efficienza complessiva del paese e sull'intero tessuto economico.
A proposito di costi, da tempo la Confindustria lamenta un'allocazione squilibrata degli oneri attribuibili all'inefficienza del sistema ma anche alle componenti fiscali e parafiscali sulle diverse categorie di utenza. A che punto siamo?
Al punto che la soluzione diventa veramente urgente visto che è stimabile nell'imminente futuro un onere aggiuntivo di oltre 1,5 miliardi di euro l'anno, che porterà a 12,5 miliardi il costo degli incentivi. Basti pensare che il livello medio della componente A3 per le piccole medie imprese manifatturiere in due anni è quali quadruplicata, passando da 12 euro a megawattora a oltre 45 euro a fine 2012. Un primo segnale positivo è arrivato dal governo con l'articolo 39 del secondo provvedimento sviluppo, che prevede una riallocazione delle componenti fiscali tenendo conto delle necessità delle imprese a più alta intensità energetica, per le quali gli attuali extra oneri rappresentano spesso la differenza tra un margine vitale di profittabilità e i conti in rosso.
Qualcuno pagherà l'energia di più, qualcuno pagherà di meno.
Mettiamola in un altro modo. Grazie agli attesi benefici complessivi nei costi e nei prezzi dell'energia la riallocazione e riordino di questi oneri potranno garantire equilibrio e vantaggi per l'intero sistema. Impegnando tutti, anche grazie a politiche fiscali più eque ma anche più coraggiose, nella corsa verso la frontiera più produttiva e redditizia: l'efficienza energetica. Che rappresenta il pilastro portante della green economy, un settore in cui la nostra industria manifatturiera è leader internazionale e ha dimensioni importanti, con oltre 300mila aziende e 3 milioni di occupati. Confindustria stimato che, al di là del rinnovo e all'estensione che siamo riusciti ad ottenere quest'anno per il beneficio del 55%, se si stabilizzassero da qui al 2020 gli attuali incentivi all'efficienza energetica, nell'ambito di un quadro normativo certo è stabile nel tempo, ciò garantirebbe nostro paese lo 0,4% di Pil annuale aggiuntivo. Senza considerare che il 70% delle potenzialità della riduzione delle emissioni nella lotta ai cambiamenti climatici si stima che possa venire proprio dall'efficienza. Confindustria è pronta a dare la sua parte. Anzi, la sta già facendo, ad esempio con il progetto Smart Energy per favorire lo sviluppo tecnologico del settore. Ecco perché ci auguriamo che nell'auspicabile consolidamento del progetto di strategia energetica nazionale venga abbandonato l'approccio congiunturale per ricondurre l'efficienza energetica ad una politica strutturale che definisca nel medio e lungo periodo obiettivi di riduzione dei consumi e chiare misure di incentivazione che consentano di favorire la crescita dell'industria italiana consolidando il suo indubbio valore anche sui mercati internazionali.

Shopping24

Dai nostri archivi