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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 13:04.
Lui sfoglia la classica margherita: rimanere o tornare al nord, a Genova, per la precisione. Tanto anche sotto la Lanterna ha il suo centro per le nanotecnologie. Roberto Cingolani, classe '61 giramondo per necessità e vocazione, è uno scienziato che vive con la valigia in mano da sempre. Qui, nella capitale barocca del Salento, Cingolani è più di un'autorità e se davvero dovesse fare armi e bagagli la perdita, anche economica, per questa parte di Puglia sarebbe considerevole. Perché è stato l'artefice di uno dei più importanti casi di successo in ambito scientifico. A Lecce dal '92, la svolta arrivò nel '99, sette anni dopo. Accadde che all'istituto nazionale di Fisica e della materia arrivarono 19 proposte per la creazione di centri infrastrutturali per la ricerca.
«Alla fine dell'iter di valutazione risultavano vincitori: il Crs sui sistemi Mesoscopici denominato Nest, presso la Normale di Pisa, il Crs sui sistemi complessi denominato Complexity, presso l'Università Roma La Sapienza e il Crs Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia (Nnl) presso l'Università di Lecce. Il Laboratorio nazionale di nanotecnologia (Nnl) di Infim fu concepito come un centro di ricerca di base e applicata sulle nanotecnologie interdisciplinari. L'obiettivo del centro era l'esplorazione e lo sviluppo di nuovi concetti e nuovi nano-sistemi utilizzando sia l'approccio bottomup (autoassemblaggio e ingegneria molecolare per sistemi ibridi organici/inorganici e per i sistemi biologici e viventi) sia l'approccio top-down (le ultime soluzioni nanotecnologiche applicate alle nanostrutture di semiconduttori), nella stessa unit di elaborazione. Al momento del lancio, nel 2001, Nnl contava circa 50 ricercatori distribuiti su quattro divisioni: semiconduttori, nanoprocessi, caratterizzazioni e ricerca applicata».
«L'idea nuova - aggiunge Cingolani era quella di combinare le diverse materie (fisica, biologia, chimica e medicina) in un laboratorio che avesse la tecnologia di sintesi, in pratica le nanotecnologie. Quando formulammo la proposta eravamo in venti. Assumemmo alcuni biologi, un'eresìa per i fisici. Le risorse che ci furono date erano pari agli attuali 500mila euro l'anno per cinque anni. Insomma, avevamo un pò di soldi in cassa per mettere insieme laboratori unici ma interdisciplinari. Sì, abbiamo avuto coraggio».
Nei primi due anni furono assunte 70 persone circa, dopo cinque anni il centro contava su duecento dipedenti, «e questa fu la cifra del successo. Diventammo primi in Italia e fra i primi in Europa nella tecnologia per la creazione di oggetti dalle dimensioni di tre nano metri, vale a dire, grandi quanto una proteina», sottolinea lo scienziato milanese.