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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 14:35.
Da tranquilla e sonnacchiosa città-giardino della borghesia umbertina a nodo metropolitano di una delle piattaforme produttive più importanti del paese. Ne ha fatta di strada Pescara. Come tutto l'Abruzzo, prima regione del nostro Mezzogiorno a emanciparsi nel 1994 dalla condizione di area arretrata. Con Pescara a fare da città-porta rispetto alle due grandi direttrici di modernizzazione della regione, lo sviluppo dall'alto trainato dalle multinazionali e la discesa verso sud di una città-adriatica che da Rimini a Ortona si snoda senza soluzione di continuità.
Un ciclo lungo, iniziato a fine anni 60 e fondato su tre gambe: lo sviluppo di una coorte ristretta, ma significativa, di medie imprese del made in Italy eredi di tradizioni di piccola impresa dalle origini agricole: da De Cecco a Del Verde, da Cocco a Sixty a Brioni nel tessile fashion fino alla Saila. Poi l'atterraggio della grande impresa multinazionale sul "prato verde" irrigato dai fondi europei e dalla Cassa per il Mezzogiorno, che in pochi anni nel triangolo tra L'Aquila, Teramo e Chieti-Pescara proietta l'Abruzzo nell'era industriale: dalla Fiat alla Sevel, dalla Honda alla Piaggio, dalla Texas Instruments alla Micron fino all'Italtel. Con la fine di fondi europei e Cassa per il Mezzogiorno molti insediamenti chiuderanno. Ma non è stata soltanto creazione di "cattedrali nel deserto". Mixando uno sviluppo senza autonomia dall'alto con un po' di sviluppo e autonomia, la classe dirigente locale è riuscita a mettere insieme la grande industria con la creazione di reti infrastrutturali, centri di ricerca, università e una modernizzazione terziaria che, risalita "a salmone" lungo le valli dell'interno, ha portato alla parchizzazione di qualità del territorio.
Quello pescarese è sempre stato un territorio tra i più infrastrutturali. Un capitale territoriale che ha favorito lo sviluppo di una vera e propria "valle industriale" cresciuta come estensione dell'area metropolitana tra Pescara e Chieti in un mix di produzione alimentare, tessile, chimica, con transnazionali come le statunitensi Procter & Gamble o Kimberly-Clark per le quali le reti lunghe del territorio appaiono preziose. Uno sviluppo che in città è vissuto di un boom immobiliare e commerciale fatto di grandi progetti da skyline metropolitano e di reti immateriali e diffusione di saperi.
Anche a Pescara la crisi ha colpito anzitutto le filiere manifatturiere continuando un processo di selezione già in atto, anche se turismo e servizi all'impresa paiono aver tenuto, tanto che a Pescara, unica nella regione, tra 2008 e 2009 le imprese aumentano invece di diminuire.