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Scarlino invade l'Est di wurstel

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 13:05.

Un piccolo impero costruito sull'asse Salento-Zurigo. Posti geograficamente agli antipodi che non hanno nulla in comune, se non un wurstel, anzi il wurstel. Da qui, da questo comune salsicciotto, è nato un piccolo impero da 30 milioni di ricavi stimati per il 2010. È la Scarlino di Taurisano, piccolo centro del leccese sulla strada per Casarano.
Ricordando le origini del successo, Antonio Scarlino che con il fratello Attilio dirige il gruppo, ne parla quasi sorridendo. «Era il '69 e mio padre Tommaso, ferrotramviere nella capitale finanziaria della Svizzera, viene a fare le vacanze estive nel suo paese natale. Qui scopre che, a parti invertite, vive uno svizzero che vende wurstel. Nei tre giorni della festa padronale, mio padre decise di vendere wurstel su un carretto.

Guadagnò tanti di quei soldi che immediatamente decise che con la Svizzera aveva chiuso. Convinse anche mia madre, impiegata alla Lindt. Andòa Zurigo e dopo due giorni era di ritorno.
Per sempre». Da allora, quello che sarebbe diventato il gruppo Scarlino cominciò a muovere i primi passi, fino a diventare il numero uno in Italia nella produzione di wurstel: su cento milioni di chili prodotti, il 10% arriva dagli impianti della Scarlino.
«Negli ultimi due anni - aggiunge Antonio - abbiamo investito 15 milioni di euro per rendere la produzione più innovativa e veloce e puntiamo a raggiungere una quota di 35 milioni di chili prodotti». Scarlino, dal profondo del profondo sud produce per grandi gruppi come Auchan, Carrefour, Despar e Coop.
I principali mercati di sbocco sono Kosovo, Albania, Montenegro, ma anche Spagna, Ucraina e Grecia.

«È naturale pensare che in massima parte si tratta di Paesi poveri o in difficoltà, ed in effetti è così, perché il wurstel costa poco e nutre molto», aggiunge il giovane erede. 140 dipendenti, 65 agenti, la possibilità di assumere altre 65 persone con il secondo turno, quest'anno Scarlino punta in alto con un progetto, Wommy, che è una specie di ritorno alle origini. Le linee guida sono semplici: un franchising, Scarlino per 38mila euro darà la possibilità di vendere hot dog e Coca Cola (c'è già un accordo con il colosso Usa) in proprio con un ritorno «del 26% lordo». Scarlino fornirà i famosi Ape prodotti dalla Piaggio, ma ovviamente modificati a un numero ristretto di persone, un centinaio, destinate a vendere il prodotto in 100 stazioni italiane. Se funziona, Wommy sarà esportato a Malta, Spagna, Croazia, Libano, Israele e India. In Grecia, manco a dirlo, c'è già.

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