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Export da tavola imbandita

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 11:34.

Il sistema agroalimentare rappresenta la quarta "A" dell'eccellenza produttiva italiana, insieme all'Automazione-meccanica-diversi, all'Arredo-casa e all'Abbigliamento-moda. Secondo l'Istat nel 2009 gli addetti del settore agricolo erano complessivamente 874mila (di cui 415mila dipendenti e 459mila indipendenti), con una quota preponderante nel Mezzogiorno.

Per quanto riguarda l'industria alimentare, nel 2009 le imprese attive nel settore erano circa 60mila, in calo dello 0,8% rispetto al 2008. Come ricorda il "Rapporto sullo stato dell'agricoltura italiana", redatto dall'Inea nel 2010, tra le imprese alimentari (che rappresentano il 10,8% del totale delle imprese manifatturiere italiane, pari a circa 553mila unità nel 2009) le imprese artigiane rappresentano la parte preponderante (66%, pari a circa 39.500 unità), confermando la forte frammentazione del settore alimentare. Mentre dal punto di vista della tipologia giuridica delle imprese attive, predominano le imprese individuali (28.567 unità, cioè il 47,7% del totale), seguite dalle società di persone (30,6%), quindi dalle società di capitale (18,4%) e dalle altre forme (3,3%).

Quanto alle esportazioni, il settore agroalimentare - dopo aver mostrato nel corso del 2009 una maggiore tenuta in un periodo di congiuntura fortemente negativa per l'economia mondiale - anche nel primo semestre del 2010, grazie al suo carattere di anticiclicità, sembra reagire meglio di altri settori, mostrando maggiori segnali di ripresa negli scambi internazionali: le esportazioni di prodotti agroalimentari sono, infatti, cresciute dell'8,5%, portandosi nel primo semestre 2010 a 13,1 miliardi di euro; l'import si attesta invece intorno a 16,8 miliardi di euro, in crescita del 4,9%, portando il deficit commerciale del settore a circa 3,7 miliardi di euro, generato dal forte import di carni, pesce, latticini e olio d'oliva.

A determinare il trend positivo nelle vendite all'estero è stata tuttavia la crescita dei volumi scambiati: i prezzi delle vendite - si legge sempre nel Rapporto Inea - dopo essersi contratti di cinque punti percentuali nel corso del 2009, nei primi tre mesi del 2010 si sono infatti ridotti dell'8,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; nei prossimi mesi sarà pertanto opportuno monitorare questo trend, in quanto l'incremento dei volumi scambiati potrebbe non essere più sufficiente a compensare l'andamento negativo dei prezzi, causando una nuova flessione, in valore, degli scambi internazionali agroalimentari, oltre a possibili ripercussioni sulla redditività delle aziende del settore.

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I punti di forza del sistema agroalimentare italiano sono i prodotti tipici e quelli della cosiddetta dieta mediterranea. In particolare, come risulta anche dall'"Indice Fortis-Corradini delle eccellenze competitive nel commercio internazionale" costruito utilizzando la classificazione HS 1996 che suddivide in modo estremamente dettagliato il commercio internazionale, l'Italia è il primo esportatore mondiale di paste alimentari, conserve di pomodoro, mele fresche, insaccati, caffè torrefatto, succhi d'uva, aceti commestibili, vermuth, cicorie, castagne e marroni, fagioli e, ovviamente, è esportatore di formaggi tipici e unici come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Gorgonzola, il Pecorino eccetera.

L'Italia è poi il secondo esportatore mondiale di vini, olio d'oliva, uve fresche, kiwi, pesche, acque minerali, nocciole, succhi di frutta, pere, semole e semolini, estratti e sughi di carni, di pesce, di crostacei e di molluschi. Ed è terzo esportatore mondiale di cioccolata e prodotti a base di cacao, lardo, riso, caffè decaffeinato, funghi e tartufi, mele secche, spinaci, acciughe. Sempre in base ai dati dell'Un-Comtrade, l'export nel 2008 (ultimi dati disponibili) dei prodotti agroalimentari in cui l'Italia detiene la prima, seconda e terza posizione nell'export mondiale è stato pari a circa 21,8 miliardi di euro.

L'export agroalimentare italiano è diretto prevalentemente verso i paesi dell'Unione europea a 27, con una quota che supera il 72%; il principale cliente, al di fuori dela Ue-27, resta il Nord America, che incrementa leggermente la sua quota, attestatasi nel primo trimestre 2010 al 9,4 per cento.

L'agroalimentare italiano vanta però anche altri importanti primati a livello internazionale, messi in evidenza da una recente indagine condotta da Coldiretti-Swg, presentata nel corso del Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione e tenutasi a Cernobbio nell'ottobre 2009. Il modello agricolo italiano ha infatti conquistato primati non solo nella qualità e tipicità delle produzioni, ma anche nel valore aggiunto per ettaro di terreno, che è tre volte quello americano, due volte quello inglese e superiore del 70% a quelli di Francia e Spagna. Le produzioni italiane - si legge sempre nell'indagine - hanno anche il primato della sicurezza alimentare (con un record del 99% di campioni regolari di frutta, verdura, vino e olio, con residui chimici al di sotto dei limiti di legge), mentre un quarto della superficie bio della Ue (oltre un milione di ettari) e un terzo delle imprese biologiche europee si trovano nel nostro paese.

Quanto infine alla leadership nei prodotti tipici, l'agricoltura italiana vanta, in particolare, 211 prodotti a denominazione o indicazione di origine protetta riconosciuti dall'Unione europea, cui si aggiungono circa 5mila specialità regionali censite dalle regioni. Ben 33 Prodotti a denominazione di origine protetta o Indicazione geografica protetta provengono dal Veneto (tra questi ortaggi e frutta, formaggi, insaccati, riso, oli extravergine d'oliva), 15 dei quali riconducibili alla provincia di Verona.

Considerando poi la generazione di valore aggiunto agricolo, il Veneto è la quinta regione italiana, ma la seconda del Nord-Est, dietro all'Emilia Romagna, e la terza dell'Italia settentrionale, con la Lombardia che detiene il primato. Se si guarda invece al valore della produzione agricola, il Veneto è la terza regione italiana, dietro a Lombardia ed Emilia Romagna, mentre Campania e Sicilia, che sono davanti al Veneto nella generazione di valore aggiunto, si collocano abbondantemente alle sue spalle. Sotto l'aspetto del biologico, in Veneto sono oltre 15mila gli ettari destinati all'agricoltura biologica, con una netta prevalenza delle colture cerealicole e, a seguire, le colture industriali, prati e pascoli, foraggi e altri seminativi, vite e frutta.

Sul fronte dell'export, i prodotti agroalimentari prevalentemente esportati dal Veneto sono i vini, i prodotti da forno e farinacei, frutta e ortaggi, formaggi e carni lavorate, tra cui prosciutti e insaccati.