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La Tecres di Sommacampagna

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 12:13.

Prodotti che migliorano la qualità della vita. Da trent'anni è la mission di Tecres, società con sede a Sommacampagna, 70 dipendenti e un fatturato 2009 che sfiora i 13 milioni. Un dato, quest'ultimo, in crescita, in controtendenza rispetto alle difficoltà create un po' ovunque dalla crisi economica. Tecres produce strumenti di impiego in campo chirurgico, ortopedico e neurochirurgico. Il prodotto principale consiste in una protesi addizionata ad antibiotici, usata nei casi nei quali esiste un'infezione alle articolazioni (anca, ginocchio) che, un tempo, avrebbe richiesto lunghi periodi di terapia e la rimozione della protesi primaria.

«Con questo genere di protesi temporanea, invece, il paziente può immediatamente tornare a camminare e dunque a una vita normale, mentre al tempo stesso l'infezione viene direttamente combattuta in loco – spiega Denis Faccioli, amministratore delegato, figlio del fondatore Giovanni che, con il direttore generale Massimo Grazioli e il direttore tecnico Renzo Soffiatti, costituisce tuttora il nucleo storico dell'azienda –. Altri prodotti, tutti messi a punto grazie alla ricerca svolta al nostro interno e successivamente affidata ai laboratori delle università italiane e internazionali per i test, riguardano una resina usata nei casi di fratture o cedimenti vertebrali, che una volta iniettata si solidifica e viene usata in situazioni che un tempo venivano risolte solo con busti o con l'immobilità, e ancora placche impiegate in neurochirurgia, per esempio dopo severi traumi cranici. In questi casi possiamo ricevere dagli ospedali le immagini della Tac digitalizzate ed elaborare nei nostri laboratori il frammento artificiale da innestare poi quasi fosse un puzzle, con le dimensioni esatte per la necessità del singolo caso. Il tempo previsto è di una settimana per la consegna del prodotto finito e sterile».

Le idee nascono dall'assidua frequentazione con i chirurghi e dall'ascolto delle loro necessità operative. «Il nostro è un settore ad altissimo tasso di innovazione – spiega Faccioli – e anticiclico per definizione: della crisi dunque risente meno, nonostante la tendenza esasperata a razionalizzare le spese da parte della sanità, a volte guardando più ai costi che alla qualità. Il ritardo del pagamento da parte dei servizi sanitari diventa un problema per i nostri distributori, per esempio attualmente è così in Italia, Spagna e Grecia. E per chi investe tanto in innovazione è sempre in agguato la concorrenza sleale fatta di imitazioni soprattutto all'estero. Ci preserva in parte la mole dei nostri brevetti e le tante autorizzazioni conseguite in tanti paesi, come dalla Fda in America».

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