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Economia Aziende

Il Nord-Est alla sfida dei paesi emergenti

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2010 alle ore 20:30.

Competitività dei paesi emergenti, cambiamento dell'ecosistema, nuova dinamica dei prezzi-costi e una Pac che sta spostando i sussidi da una logica dimensionale a un'altra di tipo qualitativo. Queste le minacce al sistema agroalimentare italiano di cui si è discusso ieri a Verona in un dibattito organizzato da Banca Antonveneta-Gruppo Montepaschi con Il Sole 24Ore. «La sfida è aperta e si gioca su: qualità, servizio, ecologia e immagine», provoca Bettina Campedelli, docente di Economia aziendale all'Università di Verona che rileva «la polverizzazione della produzione, la fragilità imprenditoriale del sistema, la scarsa propensione all'integrazione e il limitato ricorso all'innovazione».

I dati: 1,22 milioni di imprese attive in Italia nella filiera agroalimentare, 102mila in Veneto (pari all'8,5% del Pil nazionale) che rappresentano il 12,5% dell'occupazione nazionale per un fatturato medio di 120 milioni. L'export tocca quota 70% in Europa, con un import, però, che porta la bilancia commerciale in negativo. È per questo che, invita il presidente di Banca Antonveneta, Andrea Pisaneschi, «bisogna esplorare i mercati emergenti, per capire come penetrarli». E l'mprenditore dolciario Alberto Bauli ricorda: «Operiamo in un mondo globale, vantiamo grandi eccellenze ma la dimensione aziendale è ancora troppo piccola. Per riuscire a crescere serve il capitale ma anche l'apertura al management». «La genialità può stare anche nel piccolo – risponde Ettore Riello, presidente di Veronafiere – c'è però un'eccessiva attenzione al campanilismo, anche nella distribuzione. Bisogna consolidare le eccellenze e investire su queste».

Cruciale il rapporto banca-impresa su cui interviene Giuseppe Menzi, direttore generale Banca Antonveneta che ribadisce: «Non ci si può basare solo sui numeri, bisogna conoscere gli uomini. Il nostro compito è servire le grandi industrie ma anche i piccoli». In conclusione Mauro Rosati, segretario generale Fondazione Qualivita, ha sottolineato: «Purtroppo a Bruxelles contiamo poco: mi auguro che all'Agricoltura non si cambi ministro, altrimenti torniamo indietro».

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