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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2010 alle ore 15:46.
È una delle capitali italiane dell'innovazione, con centri di ricerca e laboratori di livello internazionale. Ma già da oggi Bologna è pronta a una nuova sfida: integrarsi nella nascente rete regionale ad alta tecnologia, per fare massa critica e potenziare il trasferimento tecnologico. Sotto le Due Torri, in particolare, saranno realizzati due dei dieci tecnopoli previsti in Emilia-Romagna: uno sorgerà presso il Cnr e si occuperà di ambiente e nanotecnologie, l'altro all'ex-Manifattura Tabacchi e lavorerà su edilizia, meccanica, medicina rigenerativa e genomica. Quest'ultima struttura sarà pronta nel 2013, ma i primi progetti di ricerca partiranno entro la fine dell'anno.
«Bologna - spiega Paolo Bonaretti, direttore di Aster, il consorzio che sarà chiamato a gestire la nascente rete regionale - è al centro di una regione che ha la sua forza nell'innovazione: l'Emilia-Romagna rappresenta il 6,5% della popolazione e l'8% del Pil italiano, eppure impiega l'11% dei ricercatori e pubblica il 15% della ricerca nazionale che compare sulle riviste tecniche di maggior prestigio».
Nel solo 2009 a Bologna sono stati depositati oltre mille brevetti, il 7,6% del totale italiano. Ancora più significativo è il fatto che nel capoluogo emiliano vi sono 9,5 depositi di brevetti per mille imprese attive, un dato cinque volte superiore alla media nazionale. Il dinamismo del territorio è confermato dal numero di spin-off frutto dei programmi regionali (il 51% del totale emiliano-romagnolo) e dalla partecipazione delle imprese ai bandi per l'innovazione.
La rete bolognese ha diversi protagonisti: l'Università, con 71 dipartimenti e 20 centri interdipartimentali di ricerca ed eccellenze nel campo della meccanica, dell'ingegneria e delle scienze delle costruzioni, di chimica e fisica; il Cnr, specializzato soprattutto su ambiente e nanotecnologie; l'Enea. In questi tre enti operano oltre 2.200 ricercatori. Per quanto riguarda i privati, tra le strutture di eccellenza si può citare il laboratorio della Sacmi di Imola, che impiega circa 200 ricercatori, oppure lo JRaum della Magneti Marelli.
«Ci troviamo - afferma Fabio Rangoni, consigliere delegato di Unindustria Bologna per l'Innovazione - in buona posizione per quanto riguarda la ricerca, grazie anche agli sforzi fatti dalla Regione per coordinare la ricerca pubblica e nel concedere finanziamenti».
Sempre più stretto poi il rapporto tra le imprese e la Fondazione dell'ateneo bolognese, l'Alma Mater, che collaborano in T3Lab, un laboratorio di ricerca consortile. «Qui - spiega Rangoni - i ricercatori dell'Università e i loro tutor sviluppano progetti trasversali definiti con le aziende e forniscono risposte a richieste più specifiche». Inoltre, nel 2007 Unindustria e Università hanno stipulato un accordo per la creazione di una task force in vista dell'avvio del VII programma quadro europeo, allo scopo di catalizzare il maggior numero di risorse.