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In albergo brillano le tre stelle

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 14:39.

Il settore del turismo italiano è indubbiamente alle prese con problemi di natura sia congiunturale, come i cali di attività legati alla grave recessione mondiale, ma anche con problemi legati allo scarso coordinamento delle politiche per il turismo e a un'allocazione poco efficace delle risorse. Tuttavia questo non significa che sia un settore in declino, quanto piuttosto un settore da rilanciare, puntando anche su una maggiore articolazione e riqualificazione dell'offerta turistica. L'Italia, infatti, può certamente fare di più per accrescere la sua competitività in questo settore. Ma occorre prendere atto che oggi non siamo più negli anni 70. Nuovi attori europei, come la Spagna, ed extraeuropei, come la Cina, sono entrati prepotentemente in gioco. Dunque non siamo più l'unica "spiaggia" competitiva d'Europa e nel frattempo il turismo si è fortemente globalizzato.

Ci restano comunque risorse importanti da mettere a frutto: il Sud Italia in generale, che non ha saputo valorizzare molte aree; le città d'arte; il turismo dell'enogastronomia. La parola giusta non è dunque "declino", ma "rilancio". E le aree italiane tradizionalmente vocate al turismo, spinte dalla concorrenza delle nuove località affermatesi nel panorama turistico in seguito al processo di globalizzazione, in questi anni hanno capito l'esigenza di differenziarsi, offrendo un prodotto più articolato e più qualificato.
Le richieste sempre più differenziate del mercato hanno, infatti, messo in evidenza che il prodotto turistico non può essere unico, ma è sempre più riferito a target specifici, e che è composto da una molteplicità di elementi, tutti concorrenti a formare l'esperienza turistica. L'offerta turistica si compone non solo di strutture ricettive, ma anche di una serie di servizi complementari che vanno dalla disponibilità di risorse artistico-culturali e naturalistiche all'esistenza di servizi di trasporto, di informazione al consumatore, di ristorazione, di ricreazione e divertimento.

La riqualificazione dell'offerta deve pertanto interessare tutti questi elementi passando, per esempio, attraverso una migliore salvaguardia e valorizzazione delle specificità ambientali in cui sono inserite le mete turistiche, superando la vecchia concezione dello sfruttamento passivo delle risorse naturali del territorio; il miglioramento delle condizioni di accesso ai centri storici, unitamente a una migliore flessibilità organizzativa che renda più agevole per il turista la visita al patrimonio artistico-culturale delle singole città d'arte; il recupero e la valorizzazione dei centri storici dei piccoli paesi che rappresentano una delle ricchezze paesaggistiche più diffuse e specifiche dell'Italia, ma che troppo spesso rimangono al di fuori dei percorsi turistici "classici", in particolar modo di quelli per gli stranieri che vengono, nella gran parte dei casi, limitati alle grandi città d'arte o alle principali località montane e balneari; aumentare o migliorare, a seconda dei casi, la qualità degli eventi offerti, come mostre e spettacoli (si veda anche il rapporto del Centro Studi Confindustria "Per un progetto paese sul turismo", 2005).

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Resta poi la questione delle dimensioni delle strutture ricettive. In Italia l'86% dell'offerta alberghiera è rappresentata da singoli alberghi e solo il rimanente 14% da catene alberghiere (contro il 36% della Francia e il 66% della Spagna, secondo dati Wef). Questo tipo di struttura dimensionale, caratterizzata dalla taglia medio-piccola, oltre a presentare criticità legate alla modalità di finanziamento delle operazioni, alla gestione delle risorse umane, alla gestione e promozione del brand, pone serie difficoltà nel dialogo con i grandi tour operator: per poter dialogare in maniera efficace, condizionando scelte e termini degli accordi, è importante presentarsi con dimensioni notevoli; per questa ragione sarebbe quindi opportuno, come emerso anche in occasione della IV Conferenza italiana per il turismo, che gli operatori del settore "facessero rete" per raggiungere quella dimensione critica in grado di consentire alle imprese di interloquire efficacemente con i grandi gruppi fornitori dei servizi al turismo.

Occorre però non dimenticare che alla dimensione mediamente ridotta e all'elevata diffusione delle strutture ricettive si associano anche una serie di vantaggi legati alla flessibilità, al miglior contatto con i clienti, all'alto grado di specializzazione, alla possibilità di offrire un prodotto che rispecchia maggiormente l'"anima" del prodotto turistico italiano, ovvero la dimensione ambientale-culturale più profonda che rende unico il nostro paese.
C'è poi il problema dell'eccessiva stagionalità del turismo italiano che, secondo i dati dell'Osservatorio nazionale del turismo, riguarda il 40% delle imprese turistiche: sarebbe dunque auspicabile introdurre elementi di novità nell'offerta per attirare flussi turistici anche al di fuori delle stagioni "canoniche". A ciò si unisce il problema dell'elevata fiscalità (l'aliquota Iva, per esempio, è mediamente più alta rispetto agli altri paesi europei) ma, al riguardo, appare interessante anche la proposta di Assohotel che chiede la defiscalizzazione a favore degli imprenditori che intendono acquistare gli hotel in cui sono in affitto per reinvestire poi in lavori di ammodernamento e miglioramento delle strutture.
Per quanto riguarda, in particolare, la regione Abruzzo - che dal 2003 al 2008 ha visto un incremento degli arrivi turistici pari al 14% - nella composizione delle sue strutture ricettive si osserva una netta prevalenza degli esercizi alberghieri (41% sul totale degli esercizi ricettivi); a seguire i bed&breakfast (21%), quintuplicati nel numero rispetto al 2003, e gli agriturismi (20% sul totale delle strutture ricettive, in crescita del 46,5% rispetto al 2003); nel 2008 il numero degli esercizi alberghieri è, invece, rimasto sostanzialmente immutato rispetto al 2003 (+2,7%).

Quanto alla distribuzione dimensionale degli alberghi, prevale la piccola taglia: il 54,5% degli esercizi alberghieri ha infatti meno di 25 camere; gli alberghi di media dimensione (25-99 camere) rappresentano il 42,8% del totale, quelli grandi (con oltre 100 camere) solo il 2,7 per cento. La distribuzione dimensionale appare comunque in linea con quella media italiana.
Infine, relativamente alla distribuzione degli esercizi alberghieri per categoria c'è una netta prevalenza degli alberghi a 3 stelle (54,8% sul totale); a seguire gli alberghi a 2 stelle (17,5%), quelli a 1 stella (15,6%), quelli a 4 stelle (11,3%) e infine quelli a 5 stelle (0,7%): anche in questo caso l'Abruzzo è sostanzialmente in linea con il dato italiano, fatta eccezione per la preponderanza, in Abruzzo, degli alberghi a 1 stella su quelli a 4 stelle.