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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 12:10.
Risorse destinate alla ricerca scientifica per 13 milioni, 27 progetti finanziati nell'ambito del VII Programma quadro della ricerca per un totale di 9,4 milioni affidati, assegni di ricerca iscritti nel bilancio di previsione 2010 per 2,6 milioni. Sono i numeri dell'università di Verona. Bettina Campedelli è prorettore vicario dal 2006 e professore ordinario nella facoltà di Economia, dov'è titolare dei corsi di Pianificazione e controllo direzionale e di Revisione aziendale dal 2000.
Come giudica il ruolo svolto dall'ateneo nell'ambito della ricerca?
Positivamente, tenendo conto che siamo un'università giovane, con i suoi 25 anni di storia. Partendo dalle aree medica e biotecnologica, che hanno un consolidato interesse per il territorio, ci stiamo allargando alle discipline scientifiche e abbiamo un laboratorio di restauro dei beni culturali che, pur attenendo all'area umanistica, ha indubbiamente un valore economico.
Essere un'università giovane ha i suoi vantaggi?
Possiamo contare su flessibilità e velocità di reazione. Puntiamo molto sulla comunicazione diretta ad aumentare la sensibilità dei ricercatori verso il trasferimento tecnologico. Mi spiego: un bravo chimico o un biologo possono ottenere risultati importanti nel campo per esempio delle bioenergie, e a questo punto devono sapere come approcciare la trasformazione in brevetto del loro lavoro. Non devono essere lasciati soli, ma vanno affiancati da competenze giuridiche e manageriali.
Qual è il rapporto con il territorio?
Si è evoluto negli anni in modo positivo. La collaborazione con le rappresentanze industriali ha portato alla nascita di sei spin off, dall'Officina biotecnologica Srl, che sviluppa e produce una molecola alla base di un nuovo metodo di cura per un tipo di diabete giovanile, a Julia, che ha realizzato un software per la programmazione di calcolatori personali e telefoni cellulari.
Quali strategie accompagnano l'attenzione verso la ricerca?
Oltre a numerose collaborazioni con strutture esterne quali PerInnovare e Leading Network, abbiamo creato una nuova figura, una sorta di broker dell'innovazione: si tratta di quattro dottori di ricerca, ciascuno di una diversa area disciplinare, che provvedono a seguire e raccogliere i progetti elaborati dalla ricerca di base e a curare il rapporto con le imprese che potrebbero essere interessate a realizzarli. È un metodo nel quale crediamo perché il nostro interesse primario non è fare impresa, ma dare un valore e una prospettiva a un lavoro che altrimenti rischierebbe di rimanere all'interno dei laboratori. Veicolare alle imprese il patrimonio di ricerca applicata generata in ambito accademico consente anche di far sì che le aziende stesse, a loro volta, scambino con le strutture dell'ateneo le proprie esperienze tecniche e commerciali. Con vantaggio di tutti.