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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2010 alle ore 13:49.
L'Italia, grazie alla forza del suo design innovativo e di grande pregio, è leader mondiale nei beni di fascia medio-alta, o di "lusso accessibile", che evocano un'immagine di elevata qualità della vita, da sempre strettamente connessa al concetto di made in Italy. Parlare di made in Italy equivale, infatti, a parlare di una firma d'autore, un marchio distintivo che richiama immediatamente qualcosa di unico e speciale.
Le produzioni italiane che possono effettivamente fregiarsi dell'etichetta made in Italy non sono circoscritte al solo sistema-moda, ossia all'universo di produzioni manifatturiere che spaziano dal tessile-abbigliamento alle pelli-calzature, dall'occhialeria all'oreficeria, in cui il nostro paese ha saputo conquistare uno spazio importante a livello mondiale grazie alla creatività dei suoi stilisti.
Al contrario, l'Italia è un paese che eccelle anche nei prodotti dell'Arredo-casa, dai materiali pregiati da costruzione (come le piastrelle ceramiche e i marmi) al mobilio (cucine, divani in pelle, sedie, arredi per camere e salotti), dalla rubinetteria ai casalinghi (pentole, posateria, piccoli elettrodomestici), dai grandi elettrodomestici alle lampade e all'illuminotecnica in genere. Il nostro paese eccelle inoltre in diversi beni legati al tempo libero, come le biciclette o le scarpe sportive, e in molte produzioni agricole e alimentari tipiche (frutta, conserve di pomodoro, pasta, vini).
Questi prodotti del "lusso accessibile" - come vengono definiti nello studio "Esportare la dolce vita", curato da Prometeia, Confindustria e Sace, con riferimento a quella parte di produzione realizzata con materiali e design di qualità, al netto della fascia del lusso più elevato - sono largamente esportati e rappresentavano nel 2008, prima dell'esplosione della crisi, il 14% dell'export italiano totale, secondi in ciò solo alla meccanica. In particolare, il "lusso accessibile" italiano esportato, pari a circa 50 miliardi di euro nel 2008, è composto per oltre un terzo da abbigliamento e accessori (18 miliardi di euro nel 2008), mentre gli altri due terzi sono composti da alimentari, arredamento e calzature, con rispettivamente 12, 11 e 9 miliardi di euro di vendite all'estero.
Dal 2000 al 2008 il valore delle esportazioni di "lusso accessibile" è cresciuto dell'8,8% annuo, grazie a un aumento dei volumi, cresciuti dell'1,9%, ma ancor più dei valori medi unitari, in aumento del 6,9%, a conferma che il continuo innalzamento dei livelli qualitativi è alla base della strategia degli esportatori italiani in questo segmento di mercato. Nel 2008 la quota dell'Italia nell'export mondiale di beni di "lusso accessibile" è stata pari al 9,6%, risultando più elevata rispetto a quella dei diretti concorrenti (Germania 8,3%, Francia 5,9%, Spagna 3,1%). Oggi i principali mercati di sbocco, si legge sempre nel rapporto, sono ancora i paesi maturi (Usa, Europa occidentale e Giappone), ma i nuovi mercati (tra cui Est Europa, Brasile, Messico, Argentina, Cina, India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita) hanno guadagnato posizioni negli anni 2000, e continuano a offrire ampi spazi da conquistare. E se nel 2008 l'export di beni di "lusso accessibile" appariva ancora molto concentrato geograficamente, con i primi dieci paesi che assorbivano il 66% delle nostre esportazioni, la concentrazione va tuttavia riducendosi: nel 2000 verso i primi tre mercati (Francia, Germania, Usa) era diretto il 45% dell'export di "lusso accessibile", mentre nel 2008 questa percentuale era scesa al 32 per cento. Come si legge nel rapporto "Esportare la dolce vita", dal 2000 al 2008 la crescita dell'export di lusso accessibile italiano è stata molto veloce nei mercati emergenti, nei quali è in atto un processo di catching-up dei consumi (verso la Cina +34,2% medio annuo in valore, verso l'Ucraina +29,9%, verso la Russia +23,5%). Le esportazioni, invece, con l'eccezione di Francia e Regno Unito (in crescita rispettivamente del 10% e dell'8,7%) sono aumentate più lentamente nei mercati maturi: Usa +1,3% medio annuo, Germania +2,7% e Giappone +3,3 per cento.