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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 06:41.
Questione di tempi. E di risorse. «Siamo consapevoli che esiste un problema di conti pubblici. Ma stiamo ancora aspettando che diventino cantieri i finanziamenti già annunciati e deliberati dal Cipe». Cesare Trevisani, vice presidente di Confindustria con delega alle infrastrutture, da tempo lancia appelli al governo. Da qualsiasi confronto internazionale il gap italiano emerge con evidenza. Non solo: la stasi dei cantieri, dalle grandi opere a quelle più piccole, a livello locale, pesa sulla crisi economica, mentre potrebbe essere una spinta per aumentare Pil e occupazione: «Il settore edilizio è in difficoltà drammatica».
A parole, quindi, si annunciano le opere, nei fatti la situazione è sostanzialmente di stallo?
È così, con l'aggravante che negli ultimi documenti messi a punto dal governo, Pnr e Def, emerge un calo delle risorse per investimenti pubblici del 34%, cioè una riduzione dal 2009 al 2012 da 38 a 27 miliardi.
Ma degli 11 miliardi varati dal Cipe cosa si è avviato?
Per ora, non più di 2 miliardi per cantieri già aperti, altri 5 miliardi assegnati sono ancora da utilizzare. E il resto è ancora da assegnare. Di 3,5 miliardi per piccole opere solo la metà risulta assegnata. Quello che noi chiediamo è chiarezza: sui soldi, anche se pochi, e certezza di tempi.
Si cerca di tenere in cassa la liquidità o c'è un problema oggettivo di ostacoli procedurali?
Mi auguro che non ci sia la volontà di non spendere, vista la situazione. In ogni caso anche la complessità delle procedure è un problema grave che va affrontato. Proprio l'esperienza di questi mesi ha messo in evidenza le criticità delle procedure del Cipe. Guardiamo con molta fiducia al decreto che il governo ha annunciato sulla semplificazione degli appalti, anche se restano delle criticità sulle trattative private. Ci siamo confrontati positivamente sullo snellimento delle procedure con il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, ora ci aspettiamo fatti concreti.
Che ruolo può avere la finanza privata per compensare le difficoltà pubbliche?
È importante attivare il project financing e il partenariato pubblico privato. Ci sono opere che hanno una buona redditività economica e che possono interessare i privati, ma questi devono avere certezza di tempi e di risorse. Un esempio è la Orte-Mestre, strada da modernizzare e mettere a pedaggio. Il progetto non parte perché, pur avendo ridotto sensibilmente la quota di finanziamento pubblico, non si riescono a trovare le risorse per coprirla e far decollare l'operazione.
Quali sono, tirando le somme, le priorità che Confindustria indica al governo?
Una semplificazione delle procedure, una maggiore attrattività della finanza privata, decisioni certe sugli stanziamenti.
Se in Italia la situazione langue, si stanno aprendo buone possibilità per le imprese del nostro paese sui mercati esteri?
Sì e come Confindustria ci stiamo lavorando molto. Ci sono spazi nei paesi dell'Est, sia quelli già nella Ue che quelli ancora fuori. Poi le altre grandi realtà dell'India, Brasile, Cina. All'estero siamo apprezzati per il nostro modo di lavorare: ora che anche i paesi emergenti stanno puntando sulla qualità delle opere le nostre aziende sono benvenute.
Possibilità solo per le grandi?
No, non solo. C'è spazio anche per le pmi di qualità, che lavorano in rapporto di filiera con i general contractor. Un'opportunità importante per tutto il sistema italiano dell'impiantistica. Bisogna spingere le imprese a strutturarsi meglio e ad aggregarsi, per essere più forti all'estero. (N.P.)
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