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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 09:36.

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Quasi 6mila imprenditori, arrivati da tutta l'Italia. Una «grande operazione di ascolto». Ma anche una riflessione «tra di noi, per ragionare sulle sfide che abbiamo intorno, come imprenditori e come paese». Emma Marcegaglia descrive così le Assise di Confindustria che si terranno oggi, a Bergamo. Un evento «epocale»: le ultime si sono tenute nel 1992: allora l'Italia rischiava il default, l'ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato, varava una manovra da 90mila miliardi di lire. Oggi non siamo come allora, è il pensiero della presidente degli industriali, ma il momento è comunque difficile: «per questo abbiamo avuto l'idea di fare un dibattito vero tra di noi».

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La Marcegaglia parla a Bergamo, al Consiglio centrale allargato della Piccola industria che si è tenuto ieri. «Abbiamo lavorato insieme e vi ringrazio di cuore. Abbiamo condiviso insieme il progetto delle Assise e non era per niente scontato. Apprezzo il vostro slancio di ragionare non in termini di divisioni, tra piccoli e grandi, ma di andare avanti insieme, considerando Confindustria la casa di tutti gli imprenditori che credono nelle proprie aziende e nel proprio paese», ha detto la Marcegaglia rivolta al presidente, Vincenzo Boccia, e alla platea. La Piccola, infatti, ha unito nella formula straordinaria delle Assise nazionali anche il tradizionale convegno biennale di riflessione pubblica. «Sarà la prima Assise della Piccola industria e di Confindustria», ha continuato la presidente, tra gli applausi e una standing ovation.

La politica stavolta non ci sarà: oggi gli imprenditori discuteranno a porte chiuse e tra di loro. Ma sarà il convitato di pietra: «Ci guarderemo dentro, capiremo come possiamo migliorare noi stessi e Confindustria. Diremo cose chiare su di noi. Ma indicheremo anche una agenda alla politica con le priorità che sono necessarie per crescere».

Stasera la presidente degli industriali in una conferenza stampa farà la sintesi dei lavori «per proporre un cambiamento forte del Paese» e commenterà anche le ultime iniziative del governo. Ma ieri intanto ha voluto mandare un segnale alla politica, rispondendo implicitamente, pur senza citarlo, alle parole dette giovedì dal presidente Silvio Berlusconi, appena varato il decreto sviluppo («A Confindustria dico di fare qualcosa per noi, e che non sia solo il governo a fare qualcosa per loro»): «Non abdicheremo al ruolo di criticare le cose che non ci piacciono e di dire quello che pensiamo». E ancora: «siamo una voce libera, indipendente. E siamo gelosi di questa indipendenza».

Più diretta la replica a Berlusconi del vice presidente di Confindustria, Alberto Bombassei: «Quello che fanno le imprese è evidente ogni mese, quando versiamo le tasse e i nostri contributi, oltre a creare lavoro. È il nostro contributo». Quanto al decreto sviluppo e innovazione appena varato, Bombassei non scende nei dettagli: «rifletteremo nei lavori delle Assise, risponderà la presidente». Ma non risparmia la critica: «Più che una frustata mi sembra una frustatina. Sicuramente ci sono passi positivi, anche se dobbiamo vedere le misure nei dettagli, quantificare le risorse. Penso che si dovrebbe fare di più». E alla domanda se è rottura con il governo, il vice presidente di Confindustria, comunque risponde: «siamo sempre per tendere la mano».

Dai lavori delle Assise arriverà anche l'agenda con cui modernizzare il paese e crescere di più. In mattinata si riuniranno i tavoli tematici, otto: fisco e credito; infrastrutture; burocrazia e costi della politica; Mezzogiorno e fondi strutturali; giovani e merito; ricerca e innovazione; relazioni industriali; la Confindustria che vogliamo. Nel pomeriggio si terrà la riunione plenaria per la sintesi. L'incontro di Bergamo è stato preceduto da una serie di road show sul territorio, per tutto il mese di aprile: «Ho incontrato quasi 2mila imprenditori, la Piccola altrettanti. Sono arrivate anche 2mila osservazioni sul web», ha detto la Marcegaglia. Dal dossier che è stato preparato come base della discussione emergono i gap che l'Italia ha nei confronti degli altri paesi: un tax rate complessivo che arriva al 68,6% sulle imprese; una dotazione infrastrutturale di autostrade e ferrovie inferiore in rapporto alla popolazione al 75% della media Ue; una burocrazia che ostacola le imprese e che mette l'Italia all'80° posto su 183, secondo la classifica di Doing business; una produttività che è 15 punti inferiore a Germania e Francia.

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